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22 Marzo 2013 ,

Oslo Tapes OSLO TAPES (un cuore in pasto a pesci con teste di cane)

2013 - De Ambula/Acid Cobra/Dischi Bervisti/Overdrive/Dreaming Gorilla/Atelier Sonique
[Uscita: 12/03/2013]

oslo tapesUn disco dal respiro profondamente europeo questo esordio degli Oslo Tapes a cominciare dalla splendida immagine di copertina con sentiti ringraziamenti alla magia dell'Islanda. E dietro a questa sigla che sa tanto di disco free jazz si nascondono le personalità di Marco Campitelli ed Amaury Cambuzat. Il primo dovrebbe essere abbastanza noto a tutti quelli che seguono le vicende di casa nostra visto che dal 1998 è in azione con gli interessanti The Marigold, tre albums, "Tajga" (2009) il migliore, e un EP per loro in una attività discografica non certo prolifica ma di buona qualità sui sentieri dello slowcore ma non solo. Il secondo, francese, ha qualche anno in più d'esperienza del nostro, maturata negli ultimi Faust e soprattutto negli Ulan Bator, band post rock d'avanguardia. I due si conoscono e frequentano da tempo, Cambuzat ha prodotto più di una volta The Marigold  ed era naturale che alla fine venisse fuori un disco a cementare questa intesa.

 

Per capire quanto Marco tenesse a questo disco basta osservare l'impressionante lista di collaboratori impiegati per questo nuovo progetto. Nomi come Nicola Manzan, l'onnipresente Francesco D'Elia, Stefano Venturini e Alessia Castellano dei Werner, Herself e molti altri ancora. Il disco non è di facile ascolto e sicuramente troverà completamente spiazzati gli abituali ascoltatori dei Marigold più che quelli degli Ulan Bator. Quasi un'ora di musica con brani medio lunghi, spesso ossessivi e ripetitivi, con  poche concessioni alla melodia e molte divagazioni strumentali ai confini con il Kraut Rock, vera influenza nemmeno troppo velata dei due. L'apertura fortemente percussiva delle due prime tracce, Alghe, tratteggiata dal violino inconfondibile di Francesco D'Elia, e Attraversando, col reading di Campitelli,  insegue a tratti i Can irraggiungibili di "Ege Bamyasi" e "Tago Mago". Inizio disturbante.

 

oslo tapesL'acustica che apre la seguente Distanze giunge a proposito a rasserenare gli animi "non sono le distanze/da qui sembra neve/non sono le distanze/ma sono qui con me", una song di classico stampo cantautoriale col tocco in più della presenza di Gioele Valenti (Herself). Nel vuoto è un altra canzone lunare che fa da apripista a Imprinting, la long track di questo Oslo Tapes. Sono nove minuti ora ossessivi poi più rilassati, qualcosa dei vecchi Marigold fa inevitabilmente capolino, per un brano alla lunga di tipico stampo post rock. A ruota le contorte Nove Illusioni e Impasse, con citazione per le belle parole della seconda "rivoluzione irrisolta: illusione generazionale/tutti schierati, soldati mancati/guardo dal lato opposto/arresa attesa". Marea sembra in tutto e per tutto composta da Marco guardando il mare come nello scatto della front cover, una slow song con preziosi contributi dei due Werner, Stefano Venturini ed Alessia Castellano al violoncello, molto suggestivo in ogni caso il tutto.

 

Les Elites en flammes è quasi una punk song se si ha una visione un pochino allargata delle cose musicali e qui la mano di Cambuzat si sente maggiormente. Il meglio di "Oslo Tapes"  viene alla fine con Elogio e Crocefissione Privèe.  La prima sembra presa pari pari da un disco dei corrieri cosmici, il reading fa tanto Battiato elettronico a rincorrere le corde di Aries, mentre Crocefissione Privèe con base presa a prestito dai Floyd di "Ummagumma" o dagli Ash Ra Tempel è una psychedelic ballad un pò stralunata con testi ancora più bizzarri, "lascio macerare il cuore nel sale/un oslo tapescuore in pasto a pesci con teste di cane". Un disco altresì che potrebbe essere la cosa più lucida e matura di Marco Campitelli: molto saggia ma ancor più coraggiosa la sua scelta di mollare per un pò le sonorità collaudate dei Marigold, che cominciavano forse a stargli un pò strette, per abbracciare un suono più aperto ed avanguardistico. Il risultato finale premia entrambi quindi, per un disco non di quelli da consigliare a scatola chiusa ma solo per menti aperte e fuori dagli schemi abituali.

Voto: 7.5/10
Ricardo Martillos

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