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17 Marzo 2012 , ,

The Men OPEN YOUR HEART

2012 - Sacred Bones/Goodfellas
[Uscita: 6/03/2012]

# Consigliato da DISTORSIONI

Terzo disco in tre anni per i The Men, che, incassate lodi a destra e a manca per l’eccellente coppia “Immaculada” “Leave Home” e speranze da chi li vedrebbe bene come i nuovi salvatori del rock, tornano, ansiosi di esprimersi ad un livello superiore, con un album “Open Your Heart” che, se non è capolavoro (ma senza alcun dubbio è un ulteriore passo avanti che accenna al potenziale che la band potrebbe esprimere definitivamente in futuro) poco ci manca. Attenuato l’impatto sonoro a vantaggio di una vena melodica fino ad ora insospettabile, l’album, al di là della qualità (sempre altissima) dei brani e della loro perfezione formale, non perde nulla in potenza e sostanza, al contrario acquisisce in brio, svelando una maggiore varietà di soluzioni da affiancare alla già affermata energia e magia di un sound trascinante e sanguigno come pochi, dove la lezione della Detroit di Stooges e MC5 è reinterpretata splendidamente.

 

Sta lì a dimostrarcelo l’assalto travolgente della doppietta iniziale Turn It Around-Animal, due numeri punk’n’roll suonati a rotta di collo e intrisi di feedback, riverberi e distorsioni ai limiti del noise; una botta energica e asciutta che chiama in causa, rispettivamente, il power-pop dei Buzzcocks e degli Stiff Little Fingers e l’hardcore degli Husker Du e Replacements e che li accomuna ai conclamati e coevi canadesi Fucked Up. Le novità di cui sopra sono invece da ricercare nei due episodi country del lotto: l’acustica ballata Candy, di chiara ispirazione 70iana, che mostra i nostri ‘uomini’ a loro agio con la slide guitar e appunto Country Song, con il suo twang chitarristico rilassante e l’incedere da onda, che cresce piano piano fino a confluire e ad alimentare il dissonante motore kraut-sudista di Oscillation, una sorta di Neu! girati Allman Brothers, per uno dei momenti più belli e ambiziosi di tutto il rock contemporaneo.

 

Altra sorpresa è Please don’t go away, una perla punk-pop luminescente affogata in una nebbia shoegaze di feedback e ‘ooh-ooh-ooh’ trillanti, una supplica insistente che mostra allo stesso tempo muscoli e delicatezza. E che sia il canto sguaiato che tanto ricorda quello di J Mascis dei Dinosaur Jr della title track, o il riff seghettato della irruenta e roboante Cube dal tremolo surf, o ancora, il mantra del deserto di Presence, o la sonica Ex-Dream, sorta di Teenage Riot del terzo millennio, stupisce come il trio di Brooklyn, dimostri di saper gestire, con spavalderia, tutta una mole di informazioni storiche, palesando un’ampiezza di vedute e una certa maturità che, in un così breve lasso di tempo, non eran per nulla scontate. I The Men sembrano cinici e cattivi ma invece, salvo qualche eccezione, parlano d’amore e ci aprono la via del loro cuore da rock’n’roll ‘in cerca di divertimento’;  a voi non resta che percorrerla senza remore, credetemi, vi riconcilierete col genere ‘umano’.

 

Antonio De Luca

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