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1 Marzo 2018 ,

Typhoon OFFERINGS

2018 - Roll Call Records
[Uscita: 12/01/2018]

Stati Uniti     #consigliatodadistorsioni

 

Sono passati 4 anni dal più misurato e luminoso “White Lighter”, e questo ampio collettivo di Portland (oltre 10 elementi) si ripara dalla pioggia della costa del Pacifico portando un mantello dark pop dipinto di blu scuro, che risuona freddo ma appassionato allo stesso tempo. Ensemble aperto, che pare una vecchia comunità di padri pellegrini che per primi si spingono all’interno del continente; Bibbia nascosta in tasca, chiodi e martello nell’altra, pronti a costruire ponti e nuove case. Il gruppo ha trovato la propria nicchia in un sound che interseca la foga agrodolce del brit pop, le tensioni esistenziali della dark wave ed il rock da stadio di Imagine Dragons e Arcade Fire. A questo si aggiunge un bel gusto per l’orchestrazione e gli arrangiamenti elaborati, che compongono un cammino ben omogeneo di sinfonie indie, tali da piacere tanto ai War On Drugs di “A Deeper Understanding”, che ai Fleet Foxes di “Crack-Up”.

 

Dalla somma di tante parti, emerge un imponente doppio Lp; 14 tracce divise in quattro movimenti, dove Kyle Morton, cantautore d’introspezione mascherato da frontman antieroico nello stile del vecchio Kozelek, racconta un concept quasi pink-floydiano sulla perdita di memoria; memoria individuale, memoria storica, memorie sociali. Variegato, eclettico, ambizioso. Si sposta agile dalle ballate semi-acustiche ed intimiste di Beachtowel e Remember, Elliott Smith con “rock-orchestra” da camera, a ben più ampie e pretenziose architetture musicali. Per esempio la cadenza marziale in crescendo di Empiricist, che si dilunga per oltre 8 minuti tra paesaggi chiaroscuri e atmosfere di ambient che non perdono mai il filo della melodia e della narrativa. Mentre dal canto suo, l’ostinata chitarra acustica che apre i 12 minuti conclusivi di Sleep sta tra una Desolation Row per adolescenti confusi, la famigerata Bittersweet Symphony ancor oggi sulla breccia, e la meno nota Call To Arms sull’ormai imprescindibile esordio dei Black Angels. Un languido e troppo teatrale richiamo all’oblio di venti siberiani. Mica male, però.

Voto: 7,5/10
Giovanni Capponcelli

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