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13 Dicembre 2016 ,

Akasava NOTHING AT DAWN

2016 - Triton's Orbit
[Uscita: 11/11/2016]

Francia   #consigliatodadistorsioni

 

Pur nell’ossessiva riproposizione di una trasfigurazione cabalistica della Green Machine dei Kyuss, l’EP “Strange Eons” non passò inosservato nella primavera 2016. Ora con “Nothing At Dawn”, album d’esordio, il quartetto francese di Le Havre getta la maschera e si dichiara ennesimo figliastro di quel filone sabbathiano che già dai Black Widow scende giù fino a contagiare Wolfmother, Om, Black Moth e soci, interpretando i dettami del rock inferico con una ruvidezza da Blue Cheer e Motor City Five, ammantata di aloni orfici tutti europei. Eppure la pompa magna nell’ouverture della mistica Season Of The Poet sembrava spalancare le porte ad una lussureggiante contea tolkieniana, come gli Uriah Heep di Circle of Hands, con il fardello della cadenza pachidermica dell’esordio dei Vanilla Fudge.

 

Ma il gruppo preferisce flirtare con gli ambienti stoner più spiccatamente devoti ai tritoni di Iommi, ed anzi riavvolge tutto il nastro, tornando proprio all’origine di questo stile cocciutamente battente, là tra le strofe di Children of the Grave, tra “Master Of Reality” e la Lazy Lady dei Pentagram. Con Arthur Brown e le sue fiamme al posto di Ozzy, ed una subliminale vena massonica ed iniziatica di cui The Devil's Tide è il manifesto, al pari di come lo fu Paranoid, tanto per scomodare un paragone esagerato. Ma c’è altro, perché la scrittura musicale è approfondita e non poco variegata, almeno tra le pieghe di canzoni akasawache, nella loro struttura prettamente hard, si lasciano sedurre da perturbazioni più colorate e teatrali, sospendendo la foga e il volume, lasciando spazio a stupore ed estasi analogica. Ecco allora l'esplorazione di un profondo abbandono sensoriale nel mezzo della seconda epopea dell’album, Pyramid Eye, che si avvicina a quei territori di troposfera equatoriale nelle giungle indù di cui sono maestri i Samsara Blues Experiment e i My Sleeping Karma; una catatonia che dura giusto il tempo di un sogno in una mente estranea, e trova una coda semiacustica e sinistra nell’evocazione stregonesca di  Zora The Traveller, salmo pagano che sibila nei sotterranei di Dungeons & Dragons. L’alba nerastra sull’alta marea nella Manica riporta sulla spiaggia un occultismo non solo di facciata, un rombo hard che ha ben assimilato le lezioni dei maestri e che ha le carte in regola per portare il proprio contributo di originalità a un genere che corre sempre il rischio di prendersi fin troppo sul serio, giustificandosi solo con la devozione verso i “mitici 70”.

Voto: 7,5/10
Giovanni Capponcelli

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