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14 Maggio 2013 , ,

Primal Scream MORE LIGHT

2013 - Ignition Records
[Uscita: 13/05/2013]

primal scream more light I Primal Scream si sono sempre mossi  nell’ombra, tra gruppo di nicchia e band affermata, probabilmente senza aver mai inventato nulla in particolare, ma sapendosi proporre scegliendo il momento giusto  e, dopo aver soggiogato tutti, capendo quello più opportuno per uscire di scena. Come Keyser Söze alla fine de “I Soliti Sospetti”. I Primal Scream han sempre saputo sfruttare l’effetto sorpresa, e ogni loro ritorno è sempre una sorpresa, anche per coloro che si ostinano a identificarli o a pesarli con il loro episodio più emblematico che fu “Screamadelica” (1991).  La loro discografia è un diario di bordo che ripercorre le incursioni nei territori della psichedelia  dei sixties, il soul, il rock’n’roll più grezzo, la dance, l’house, l’elettronica krauta, spesso muovendosi in contro-tendenza, anticipando e rinnegando i revival del momento. A 26 anni dal debutto, e cinque anni dall’ ultimo “Beautiful Future”  la band è pronta a sorprenderci per l’ennesima volta con questo suo decimo lavoro in studio. Con “More Light”, messa da parte l’aspirazione di creare un ponte tra elettronica e rock, escono dall’ombra per abbracciare tutte le esperienze passate abbandonando – solo in parte - quella sinuosa simpatia per il diavolo mai celata. Qui la creatura si trasforma in serpe insinuandosi in un Eden di fantasie floreali, colori sgargianti, suoni chiari, netti e ben orchestrati,  pronta a porgere l’ennesimo frutto proibito.  A tratti confuso, disturbante, a tratti sognante, visionario, ma  pur sempre sporco e in grado di intorpidire i sensi, “More Light” è più orientato sullo stile canzone, sicuramente più cantato e meno strumentale rispetto ai più sperimentali  “XTRMNTR” o “Evil Heat” con i quali condivide ugualmente una certa unità ispirativa .

 

I nove minuti di 2013 mettono subito in evidenza l’ottima forma in cui versano i nostri, un brano trascinante nel loro stile più classico, “speziato” da una scala arabeggiante che apre nuovi orizzonti ed è facile lasciarsi incantare. E’subito dopo, nel groove sensuale di River of Pain che tra poliritmie, chitarre acustiche, sussurri, nel materializzarsi di un’atmosfera sinistra, densa e cupa, a un certo punto qualcosa si spezza, improvvisamente capiamo che la chimica sta già facendo il suo effetto, e in questo piacevole disorientamento è bene mettersi comodi, perché le premesse per un bel viaggio sono assicurate. Tra gli special guest d’eccezione ritornano come già per “Evil Heat”, Kevin Shields (My Bloody Valentine), Robert Plant, che ritroviamo in Elimination Blues, un Primal-Scream-2013 blues rock ipnotico mandato ossessivamente in loop,  e Mark Stewart in Culturecide, un brano  che riecheggia di colonne sonore di film di blaxploitation su cui lui e Gillespie rappano furiosamente. Meno fluorescenti   ma più diretti Turn each other inside out, e Hit void  colpiscono invece per ricercatezza  sonora, che si fa ancora più aliena e dirompente nel garage futurista di Sideman. Il pop raffinato di Invisible city, il raga-pop dal sapore retrò di Goodbye Johhny, l’eterea sospensione di Walking with the beast, il sadismo con cui Relativity sembra maltrattare i Beach Boys,  fanno di “More Light” un album capace, pur nella varietà degli elementi in gioco, di mantenere un  equilibrio impeccabile, grazie anche al lavoro di produzione curato da David Holmes (scelto dalla band stessa in virtù dei suoi lavori per lo più  in ambito di colonne sonore) davvero esemplare. Piuttosto insipido o solo meno sorprendente il singolo “It’s alright, it’s Ok”, col quale forse han voluto giocare più sul sicuro essendo destinato all’airplay e relegandolo a fondo album, ricalca le ormai strabusate rivisitazioni gospel a cui già in passato il gruppo ci aveva abituati ma che oggi non possono non sapere di deja-vu. Ad ogni modo, anche se non siete dei nostalgici, non lasciatevi fuorviare perché per  il resto si tratta di un vero ritorno alla grande. “La beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto, è stato convincere il mondo che lui non esiste.”

Voto: 8.5/10
Federico Porta

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