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22 Febbraio 2020

Wire Mind Hive

2020 - Pinkflag
[Uscita: 24/01/2020]

Ove ci si voglia accostare alla nuova versione dei valorosi Wire, occorre dimenticare per un attimo capolavori del post-punk albionico quali: “Pink Flag”, “154”, o anche i successivi “The Ideal Copy” e “A Bell Is A Cup...Until It Is Struck”. Riconsegnando, in tal modo, la band di Colin Newman, passata attraverso la temperie di innumerevoli strappi e ricomposizioni, scioglimenti e repentini ritorni, alla sua giusta dimensione di brillante band moderna, seppur sottolineando che è formazione tra le più importanti e innovative dell'intera storia del post-punk inglese. Senza più Bruce Gilbert in formazione, ma con Matthew Simms, Robert "Gotobed" Grey e Graham Lewis, gli Wire hanno saputo riconiugare il loro caratteristico sound secondo stilemi di moderna evoluzione che l’avvento del terzo millennio ha imposto ‘de facto’. E dopo alcuni album di dignitosa fattura, tra i quali l’ultimo “Silver/Lead” del 2017, da noi recensito, rieccoli in pista col loro nuovo lavoro “Mind Hive”. La voce inconfondibile di Colin e il tratto indiscutibilmente post-punk rielaborato con freschezza si evincono già dalla prima traccia, Be Like Them, ritmo cupo e rinviante a fosche e caliginose visioni di città industriali dominate dal grigio più plumbeo, mentre più sostenuto e spigliato pare il suono di Cactused che strizza l’occhio a un synth-pop di più facile ascolto. Si ripiomba nell’atmosfera New Wave a tinte scure con Primed And Ready, nella quale la chitarra e le tastiere fanno da sfondo alla voce tormentata di Newman. Off The Beach dispiega una linea melodica accattivante decisamente più pop, mentre Unrepentant vira addirittura verso territori folk, con la voce di Colin decisamente ispirata, accompagnata da un filo di tastiera e dalla chitarra arpeggiata, creando un tappeto armonico invero intrigante. In una dimensione meditativa, quasi crepuscolare, è immersa la traccia successiva, Shadows, una ballata ai margini di un bosco immaginario sopra cui declini l’ultima luce del giorno, così come con toni sognanti inizia Oklahoma, prima di esplodere in ruvida energia post-punk, per poi riattingere ritmi da battito tachicardico in chiave industrial. L’inclinazione alla sperimentazione sonora, sempre presente nel codice genetico degli Wire, rileva assai chiaramente nell’episodio più esteso, e anche a nostro avviso più pregnante, dell’album, Hung, quasi otto minuti di mera discesa nei meandri oscuri delle sonorità più inquietanti e contorte, col pulsare ossessivo del basso, la batteria come saliente da ignote profondità, la distorsione bruciante della chitarra, la voce luciferina di Newman. A chiudere un album di ottima fattura, la quieta linea melodica, quasi pastorale, di Humming. Lunga vita agli Wire.

Voto: 7/10
Rocco Sapuppo

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