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17 Maggio 2012

White Rabbits MILK FAMOUS

2012 - Mute Records/TBA Records
[Uscita: 6/03/2012]

White Rabbits – Milk Famous  # Consigliato da DISTORSIONI

 

Il sestetto dei Newyorkesi White Rabbits arriva al suo terzo album dopo gli interessanti “Fort nightly“ del 2007 ed il successivo ed acclamato “It’s frightening” del 2009. E proprio da quest’ultimo lavoro e dalla allora produzione del cantante degli Spoon, Britt Daniel dobbiamo partire visto che già nella traccia d’apertura  del disco e singolo, la incisiva Heavy metal, troviamo evidenti rimandi compositivi alla band di Austin nella potente linea di basso e caratura Lo-Fi ed in aggiunta, questa volta, la produzione è affidata a Mike McCarthy che proprio con gli Spoon ha collaborato in passato. Se poi, a questo, aggiungete che la distribuzione del disco è della TBA Records, quella per intenderci dei Radiohead di “In rainbows” e “The King of Limbs”, vi potrete già fare un’idea di dove stiamo andando. Ciò però non toglie nulla alla indubbia crescita esponenziale della band che si dimostra sempre più padrona di un proprio stile, che pur mantenendo un multistrato percussivo dato dalle due batterie si è fatto ora più soft grazie all’apporto delle chitarre e dei synth.

 

Le influenze e le atmosfere si mescolano, come nei rimandi ai citati Radiohead che ritroviamo in Hold it to the fire o nella post-Amnesiac  Back for more passando dal rock psichedelico ed ipnotico dei dEUS che ritroviamo nell’uscita di Temporary fino al suo confluire nella successiva  Are you free.  Si aggiunga il virtuosismo pianistico di Stephen Patterson in  It’s frightening  che già ci colpisce nel math-rock di Everybody can’t be confused, ed il minimal psych anni ’70 dell’intrigante tensione di Danny come inside arrivando alla conclusiva I Had It Coming.

 

Un disco che oggi definiremmo Art-Rock nello scomporre intuizioni di altri per mescolarle e ricomporle, unirle ad una sperimentazione del tutto personale e vestirle di una patina pop, che però difficilmente piacerà agli amanti del genere nel suo significato più puro. Infatti, qui la parte “sofisticata” e di ricerca prevale indubbiamente su quella del facile ascolto, seppur con innesti danzerecci che fanno capolino quà e là quasi a volerci dimostrare i nostri capaci più di un disco “interessante” piuttosto che “piacevole”, per voler probabilmente uscire dalla massa dei gruppi indie-rock che affollano i blog negli ultimi tempi.

 

Missione compiuta? Tutto sommato direi di sì, se togliamo l’influenza degli Spoon (diretta e non) che da veri loosers stanno contaminando la scena indie di questi ultimi anni senza riuscire a raccoglierne i frutti, anche se non fatico a pensare che questo disco non venderà molto nonostante raccolga buoni consensi, perché l’impronta volutamente fredda che percorre tutto il disco, poco si presta ad un ascolto radiofonico quanto piuttosto ad uno più dedicato ed attento che lo fa crescere a poco a poco.

 

Ubaldo Tarantino

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