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2 Febbraio 2015 ,

Pond MAN IT FEELS LIKE SPACE AGAIN

2015 - Caroline Records
[Uscita: 26/01/2015]

Australia

 

PondLa creatura di Nick Allbrook dei Tame Impala arriva al sesto disco con questo “Man It Feels Like Space Again”, prodotto dal padrino Kevin Parker che sembra tirare le fila di un discorso abusato in questi ultimi 4 anni. Ovvero: il pop psichedelico storto e cadenzato, di chiara ascendenza beatlesiana, farcito di innocui effetti digitali distorti, looper, fuzz. Se i più gridarono al miracolo quando uscì il fortunato “Lonerism” dei Tame Impala oggi possiamo affermare che questa  branchia della musica psichedelica terzo millennio ha esaurito il suo tempo. Non solo “Man It Feels Like Space Again” arriva tardi sui tempi (come il suo predecessore “Hobo Rocket” del 2013) ma ci arriva stanco ed esaurito, privo d’idee: dall’iniziale Waiting Around For Grace fino alla conclusiva ed estenuante title-track si ha l’impressione di ascoltare una copia blanda dei capostipiti di questa parentesi zuccherosa, i fratelli maggiori Tame Impala e pochi altri (Flaming Lips su tutti). Il confronto con il gruppo  di Kevin Parker (di cui due su quattro dei membri dei Pond hanno fatto o fanno tutt’ora parte) appare quanto mai imprescindibile nell’ascolto di Man It Feels Like Space Again.

 

pond-band-620x450Se qualcosa differisce nei Pond è una certa mollezza inconsistente, una noia dettata dalle ritmiche che vorrebbero creare un effetto trippy  e rilassato ma che finisce per far annegare tutto in una gigantesca massa informe di tastierone anni ’80 in rilievo, voci filtrate e ultra riverberate e chitarrine piangenti sullo sfondo. Così, se ne va una fetta consistente dei tre quarti d’ora che compongono l’album, da Holding Out For You al Pondsingolo Sitting Up On Our Crane, dalla lugubre Heroic Shart alla ballata Medicine Hat, passando per momenti che vorrebbero bissare il successo indie-discotecaro di Elephant, Elvis Flaming Star e Zond. L’unica Outside Is The Rightside scuote un po’ la rosa di canzoni con l’andatura funky e chitarrine wah wah. Nel complesso un album armato di buone intenzioni così come di velleità che non suscita nessuna emozione, nel bene e nel male, ottimo per compilation fighette e hype da gioventù americanofila convinta di star ascoltando il “vero sound” degli anni ’60.

Voto: 5 /10
Ruben Gavilli

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