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15 Settembre 2015 ,

Animation MACHINE LANGUAGE

2015 - RareNoise Records
[Uscita: 25/09/2015]

Stati Uniti   #consigliatodadistorsioni     

 

Animation MACHINE LANGUAGESi scrive Animation ma si pronuncia Bob Belden; è infatti da attribuire totalmente al sassofonista statunitense quest’ultima prova del gruppo da lui creato nel 2010 che si cimenta in un concept album cyber jazz basato sulla possibilità di pensiero, di immaginazione e di linguaggio di una mente artificiale quale quella della macchina del titolo. E se i concept album ben li conosciamo in ambito rock e soprattutto prog, dove i testi narrano una vicenda supportati dalla musica, come poter raccontare la storia del rapporto tra una mente umana e quella artificiale in un disco di jazz elettrico e sperimentale? Semplice: Bob Belden si avvale di Kurt Elling (Manhattan Transfert, Joe Pizzarelli, Billy Corgan, Yellow Jacket) che nonostante le indubbie qualità vocali che lo hanno reso famoso qui non canta ma si limita a cucire in spoken words, uno con l’altro, i dodici brani (ricordando il Central Scrutinizer del "Joe's Garage" di Frank Zappa) in una narrazione scritta dallo stesso Belden per quest’opera eclettica, ambiziosa e di indubbio fascino. 

 

Ed è curioso come il compositore, circondandosi di musicisti giovanissimi, conceda uno spazio esiguo ai suoi strumenti (sax e flauto) facendo dilagare la tromba elettrificata di Peter Clagett che domina quasi incontrastata nei cinquantotto minuti di durata dell’album con il suo sound onirico e velato. Sì, perché se il nervosismo convulso di Miles Davis, impossibile da non citare in un disco di jazz elettrico, fa capolino qui e là, (Genesis Code) sono le trombe rarefatte e soffiate di gente come Jon Hassell, Mark Isham o addirittura Animation-bandMarkus Stockhausen che trasfigurate da Clagett arabescano ghirigori lenti e sognanti e tessono trame pacate e nebbiose supportate dagli altri musicisti. Il delizioso piano elettrico del ventitreenne Roberto Verastegui ha il suono liquido di un Chick Corea proiettato in un’altra eterea dimensione, il ventenne Matt Young scalpita con la sua batteria in spazi siderali, ma è il bassista elettrico, non giovane come i suoi sodali, che si rivela, appunto, una vecchia conoscenza: Bill Laswell pulsa, freme e macina ritmi quasi drum’n bass sottolineando da par suo l’andamento ora flemmatico e ovattato, ora più arioso e ondeggiante di questo ottimo album che vede momenti ambient di assoluta rarefazione musicale dilatati nel tempo accanto ad  altri più convenzionali (ma non troppo) che toccano i nervi scoperti di anime jazz rock di tempi passati.

 

Machine Language” è un disco ostico e difficile per palati forti che non si accontentano del gusto dolciastro di musiche friabili ma che ambiscono al sapore forte di sonorità più legate alla psiche che al corpo. E’ un oscuro oggetto astrale che vaga nello spazio più profondo dell’animo umano pronto a far salire e a trasportare in un’altra dimensione chi vi ci si accosta con l’apertura mentale di chi abbia letto i fantascientifici scrittori cyber punk Philip.K. Dick, Bruce Sterling o William Gibson dai quali Bob Belden è stato ispirato per questi suoi scenari tecnofuturibili e in parte apocalittici. Un destino ingrato ha fatto sì che Bob Belden morisse per un improvviso infarto il 20 maggio scorso, pochi mesi dopo la registrazione dell’album senza neppure aver la gioia di vederlo pubblicato. Il disco uscirà infatti il prossimo 25 settembre 2015 in formato cd digipack, in doppio vinile e in diversi altri formati di download.

 

Voto: 7/10
Maurizio Pupi Bracali
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