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8 Aprile 2016 , ,

Black Mountain IV

2016 - Jagjuwar
[Uscita: 01/04/2016]

Canada   #consigliatodadistorsioni   

 

black mountain folderSpesso, nella lunga, ormai, storia del rock, il quarto lavoro di un gruppo ha coinciso con una specie di sintesi del proprio stile e del proprio suono, diciamo con il raggiungimento della maturità, ma anche con lo sviluppo di tematiche ormai confermate verso nuovi obiettivi, nuove sonorità.

È il caso dei canadesi Black Mountain, che giungono dunque alla quarta prova sulla lunga distanza, escludendo la colonna sonora del film “Year Zero”, che conteneva comunque materiale in parte già edito, confermando la fedeltà alle proprie radici hard/prog/psichedeliche, profondamente piantate nell’humus di fine sixties-primi seventies, mettendo maggiore attenzione però sull’ingrediente “elettronica”, il che li spinge un po’ verso il decennio seguente. La formazione resta la stessa dei precedenti lavori, piuttosto radi, se consideriamo che il primo, omonimo, risale al 2005 e che questo IV” si è fatto attendere sei anni, con Stephen McBean (voce e chitarra), Amber Webber (voce), Matt Camirand (basso), Jeremy Schmidt (tastiere) e Joshua Wells (batteria).

 

Line-up classica quindi per il genere, fatto di riff pesanti, lunghe tirate psichedeliche, atmosfere dilatate, cinematiche e ballate delicate, un pastiche in cui si trovano tracce, come si accennava in precedenza, di hard rock, psichedelia, progressive, kraut-rock, schizzi di iv1stoner, anche, per un risultato che riesce comunque ad essere originale, anche in virtù dell’interazione tra le voci di Stephen McBean e di Amber Webber. Il disco si apre con gli otto minuti abbondanti di Mother Of The Sun, lenta, atmosferica, ma attraversata da un micidiale riff classicamente hard.

Un inizio estremamente promettente che ci porta senza alcun attrito verso il potente space rock di Florian Saucer Attack, il rifferama dilatato di Defector, la psichedelia di You Can Dream. I synth prendono il potere in Constellations, accompagnando anche la lenta ballata Line Them All Up, con la voce di Amber in evidenza. La seguente Cemetery Breeding suona piuttosto “anni '80”, con un tappeto sonoro a base di mellotron e, ancora, suoni sintetizzati. Poi torna alla ribalta la psichedelia ivcon la lunga (Over And Over) The Chains, che termina con un assolo, di nuovo, classico di McBean. Concludono il disco un’altra ballata, Crucify Me, ancora in bilico tra la chitarra acustica e le tastiere, e l’epopea cinematica di Space To Bakersfield, nove minuti di fantascienza declinata in musica. Con questo lavoro i Black Mountain dimostrano di saper padroneggiare le influenze evidenti in un suono definitivamente proprio, mettendoci a disposizione un album davvero interessante.       

Voto: 7/10
Luca Sanna

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