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30 Settembre 2013 ,

Moby INNOCENTS

2013 - Mute Records
[Uscita: 30/09/2013]

moby-innocentsNon può costituire sorpresa il fatto che Richard Melville Hall, in arte Moby, sia solito destreggiarsi tra linee di confine musicalmente sfumate, deambulare pericolosamente lungo il crinale che separa sonorità di suadente elettronica e di trame pop dal facile impatto, con un occhio alquanto aquilino al mercato discografico. Una miscela che, ove sapientemente elargita, sovente ha prodotto risultati eccellenti nella discografia del Nostro. Tuttavia, talora, basta che uno degli elementi del salubre impasto tra generi sia dosato in modo non impeccabile per guastare irrimediabilmente l’esito finale. E’ il caso di quest’ennesima fatica, “Innocents”, del performer newyorkese. Lontani anni-luce lavori quali “Ambient”, “Everything Is Wrong”,  “Hotel”, “Play”, e persino quel controverso ma intrigante album ch’era “Destroyed”, uscito nel 2011. Eppure, la ratio ispiratrice di quest’album era degna di miglior causa: rappresentare in musica le fragilità e le nevrosi degli individui nella società contemporanea. Metterne in risalto lo smarrimento, il senso di perdita di identità dinanzi alla complessa e sofisticata ferocia del mondo odierno. Un nugolo di artisti afferenti a disparati generi musicali attorniano Moby: la cantautrice canadese Cold Specks, la cantante di origini nigeriane-giamaicane Inyang Bassey, la brava ma qui sprecata Skylar Grey, e poi ancora Damien Jurado, Wayne  Coyne e il grandissimo Mark Lanegan.

 

moby-Per una dozzina di tracce gran parte delle quali dall’impianto eccessivamente easy, quando non di irritante semplicismo sonoro e con evidente sindrome da classifica. Così, volano via, non scevri da taluna orma di insulsaggine, brani come A Case For Shame, cantato da Cold Specks, Almost Home, cantato da Damien Jurado, il disastroso e irreparabile The Perfect Life, cantato da Wayne Coyne. Dignitose, per contro, nel complesso, paiono tracce come Going Wrong, dal taglio più intimistico, grazie alle liquide sonorità germogliate dalla combinazione stilistica di piano e archi, A Long Time, che pare recuperare le sinuose atmosfere etno-troniche dei migliori momenti creativi del Nostro. Il finale restituisce dignità a un album alquanto incerto e musicalmente debole, con la bella e intensa The Lonely Night, cantata magistralmente da Mark Lanegan, cupa discesa nei morbosi meandri delle deliranti notti metropolitane, e con la conclusiva The Dogs, cantata dallo stesso Moby, introdotta dal suono infermo delle tastiere e scivolante lungo il piano inclinato delle umane debolezze, echi orwelliani del sistematico disegno di distruzione della personalità individuale ad opera di una società sempre più tesa al genocidio delle coscienze. Troppo poco, Mr. Richard Melville Hall.

 

 

Voto: 5/10
Rocco Sapuppo

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