Opeth In Cauda Venenum

Tredicesima fatica discografica per gli Opeth, capitanati dal cantante e chitarrista Mikael Akerfeldt, che sancisce un ulteriore passo attraverso un impianto musicale fortemente radicato nel Progressive Rock Anni ‘70, con buona pace di alcuni estimatori dei trascorsi puramente Death Metal della band. Ovviamente in questo album il retaggio degli esordi si esaurisce nella fascinazione per atmosfere minacciose ed imponenti. Il resto è fortemente basato su linee vocali e melodiche complesse, utilizzo di tastiere, sintetizzatori ed organi, intermezzi con dialoghi e voci di ambiente, cori, sezioni d'archi, arpeggi intimi e quieti di chitarre classiche ed acustiche, alternati a momenti esplosivi ed epici a base di ritmi serrati e chitarre elettriche scintillanti. Il percorso di "In Cauda Venenum" non è basato su di un'operazione retrospettiva superficiale o forzosa, tutte le composizioni che ne fanno parte sono organicamente legate da un concetto unico, a tratti onirico, a tratti possente, con elementi oscuri ed insidiosi esattamente come l'immaginario delle fiabe dei Fratelli Grimm. Dalla iniziale "Garden Of Earthly Delights" sinfonica ed introduttiva, passando per l'episodio più serrato e potente di "Heart In Hand" o "Charlatan", per arrivare alle atmosfere liriche e sognanti di "Universal Truth", l' album ha una qualità orchestrale e narrativa degna degli episodi del passato, il tutto peraltro con cura certosina dei suoni e grande perizia tecnica. Attenzione, però, la grande perizia esecutiva del gruppo non indulge mai nell'autocelebrazione virtuosistica, ogni intervento strumentale è teso a dare pathos, spessore e climax al contenuto musicale, che volendo forzosamente esemplificare si potrebbe evidenziare in 'Continuum'. In definitiva, un album molto valido, da apprezzare nella sua integrità, e che non sfigurerebbe affatto in una sua trasposizione teatrale. Merita sicuramente un ascolto se si è appassionati di queste coordinate sonore.