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2 Dicembre 2017 ,

Benjamin Clementine I TELL A FLY

2017 - Behind Records
[Uscita: 15/09/2017]

Ghana-Inghilterra-Francia

 

La storia di Benjamin Clementine è una di quelle che tutti vorrebbero raccontare. Di origini ghanesi, londinese di nascita e parigino di adozione, Benjamin ha lasciato la scuola per vivere come busker senza dimora, facendosi strada nel giro dei locali di Parigi con la sola forza delle sue canzoni, fino alla pubblicazione nel 2015 di “At Least for Now” che gli è valso il Mercury Prize. Basterebbe scorrere i nomi che compaiono nei ringraziamenti di quell’album (Debussy, Antony Hegarty, Leo Ferrè, Leonard Cohen sino a Lucio Dalla) per comprendere i confini della sua poetica. Ecco perché la trattazione dell’ultimo “I Tell a Fly” non può prescindere dall’accostamento a quell’esordio così fulminante, così doloroso e pulsante di vita incontenibile, i cui brani poggiavano su echi di classicismo d’oltralpe declinati con una fragile teatralità che lasciava esterrefatti sin dalle prime note. Di fronte al nuovo album ci chiediamo cosa sia rimasto del nucleo incontaminato di quella ingenuità sedimentata negli occhi di chi ha visto sin troppe cose nella propria giovane esistenza.

 

Basterebbe l’iniziale Farewell Sonata per capire come Benjamin abbia inteso musicalmente sparigliare le carte, dando vita a un gioco del tutto nuovo le cui regole risiedono in una maggiore sicurezza dei propri mezzi. La mescolanza di romaticismo venato di soul e canzone d’autore che era la spina dorsale di “At Least for Now” adesso assume le forme di un cantautorato dallo spessore maggiormente intellettualistico abbinato ad un’attitudine art di derivazione sixties con un debito di sangue nei confronti di “Pet Sounds”. La costante è quella di una ricercatezza e complessità negli arrangiamenti da cui discende una minore immediatezza rispetto al passato, definendo una propria idea di pop colto e di suono. I brani sono strutturati come fossero la tela di un dipinto dadaista i cui colori generano una rifrazione di rimandi continui e gioiosamente disorientanti, grazie anche a un inedito lavoro sulla parte ritmica a cui contribuisce la presenza del batterista francese Alexis Bossard (vedi One Awkward Fish). Ogni brano è una diversa messinscena dei drammi del mondo, dal bullismo nelle scuole londinesi sino alla tragedia dei bambini di Aleppo (Phantom of Aleppoville), passando dalle anime disperse dei migranti di Calais (Welcome To The Jungle), il tutto filtrato con la lente del citazionismo (vedi la rilettura di Debussy in Quintessence). Si respira un clima di musical in By The Ports of Europe, così come di hit radio friendly Jupiter che costtuisce la misura di album dai mille volti. “I Tell a Fly” è un caleidoscopio all’interno del quale perdersi o, meglio, percepire un senso di estraneità rispetto a un mondo in cui non ci si riconosce. Se è vero che l’unità si raggiunge solo con la composizione di più diversità, Benjamine Clementine l’ha capito più di tutti.

Voto: 7,5/10
Giuseppe Rapisarda

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