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7 Ottobre 2017

Nadine Shah HOLIDAY DESTINATION

2017 - 1965 Records
[Uscita: 25/09/2017]

Inghilterra

 

«Siamo tutti stranieri» sembra voler dire Nadine Shah con “Holiday Destination”, album dal connotato più politico di un’artista che ha nel sangue la confluenza di profonde diversità, proprio lei che è nata da padre pakistano e madre norvegese. Già nel 2015 con “Fast Food” Nadine aveva dato prova di un cantautorato permeato da tematiche sociali declinate in densi umori new wave e post punk da cui scaturiva una grande ricchezza espressiva. In quelle canzoni tutto era ripiegato in una sorta di postura fetale, così come la visione personale della cantante di Whithburn veniva rinchiusa all’interno di un guscio in cui la realtà riusciva a filtrare dolorosamente nella dimensione interiore grazie ad un moto di immedesimazione. Oggi “Holiday Destination” vive di una energia estroflessa, di anime diverse e di una scrittura che compone la critica di quella sistemica mortificazione dell’umanità perpetrata sotto l’egida del profitto. L’album è la cronaca di un viaggio tra le macerie delle guerre più nascoste, quelle di cui riusciamo a tollerare il numero di vittime sempre crescenti e che non spostano di un millimetro l’asse di rotazione delle nostre vite. In questo senso c’è un sottile legame che accomuna “Holiday Destination” a “The Hope Six Demolition Project” di PJ Harvey, dato dalla medesima centratura sulla cronaca dei nostri tempi e dal rigore dell’analisi che fa da contrappunto alle profondità della voce ieratica della Shah.

 

Il disco vive di momenti altalenanti dove brani più scarichi di pathos lasciano il posto ad altri dove è riconoscibile un preciso lavoro di intensità vocale e profondità emotive. L’opener Place Like This potrebbe essere un funky scritto da uno svogliato Prince, la successiva Holiday Destination vive di un groove motorik senza lasciare il segno. Non appena entriamo nella parte centrale della tracklist le cose cambiano rotta: 2016 ha un’anima inquieta accolta in un groove nervoso definito da chitarre taglienti e lampi di sinth, Out The Way è quanto di più vicino a “The Hope Six Demolition Project”, in cui derive soul vengono contaminate da scorie balcaniche. Il fulcro dell’album ruota attorno a Yes Men che sintetizza antiche decadenze post punk che riportano al precedente “Fast Food”, con una sinuosa linea armonica. Qualcosa si perde per strada e la successiva Evil si mostra troppo stirata e pedante, mentre si riprende leggermente quota con Ordinary fino ad arrivare alla notevole Mother Fighter, così densa di epica drammaticità disinnescata dalla dolcezza della conclusiva Jolly Sailor. “Holiday Destination” è un disco sincronizzato con l’attualità dei nostri tempi, misurato e difficile da catalogare nelle sue tante sfaccettature così irregolari. Ma la bellezza, quella vera, richiede tempo per essere soppesata e non si svela alla prima occhiata. Nonostante tutto, il disco di una raggiunta maturità.

Voto: 7/10
Giuseppe Rapisarda

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