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30 Dicembre 2016 ,

Immanu El HIBERNATION

2016 - Glitterhouse Records
[Uscita: 25/11/2016]

Svezia

 

Hibernation, quarto album per la band svedese, è stato registrato durante due settimane in uno studio sito in una collina nei dintorni di Firenze con il produttore Johan Eckeborn, ma soprattutto rappresenta per il gruppo dei gemelli Claes e Per Strängberg la fine di un incubo che ne ha messo a rischio il proseguio della carriera: una vicenda giudiziaria kafkiana in seguito all'intervento della polizia a un loro concerto che, per fortuna, si è conclusa positivamente, e che ora, dopo un periodo di 'ibernazione' e grazie anche al crowdfunding dei fan, li rivede all'opera. “Hibernation” arriva così dopo un lustro da “In Passage” e segna un altro punto a favore della band di stanza a Goteborg, autrice di un album emotivamente coinvolgente e che sposta sempre più il suono dall'originale post-rock verso i lidi romantici del dream pop. Ecco così il ruolo importante che assumono i sintetizzatori e i testi, declamati in un canto melodioso e sereno, quasi in contrasto con una ritmica che detta i tempi con matematica incisività.

 

Apre il disco l'intensa, magnifica Voices che sulle ali di una melodia avvolgente ci trasporta in un'atmosfera fortemente onirica e misteriosa, mentre i versi giocano sulle dicotomie buio/luce e freddo/caldo; ma non pensate a toni drammatici o cupi, quantunque night, dark, winter siano termini ricorrenti nei testi, la musica creata dagli Immanu El, pur decisamente notturna, ha un tocco di stupita meraviglia verso il mondo che la rende estatica e fondamentalmente pacificata. E questo anche nello strumentale Dvala che proietta verso lidi magici e lontani o in brani come Omega il cui testo, oltre che una dichiarazione d'amore («You're all that I love/there will be nothing after you/before you») adombra la brutta disavventura in cui è incappata la band («When we have fought our wars...»). Otto i brani del disco, tutti distesi in una durata che oscilla fra i quattro e i sei minuti, fra i quali dobbiamo segnalare la delicata e intima Completorium con in primo piano voce e piano e una tremolante chitarra sullo sfondo a colorare di inquietudine le trame sonore e la conclusiva Empty Hands, la canzone più cupa del lotto, riflessione sulla sconfitta («everything I hold/is dust, is lost»), fra chitarre rarefatte e ritmiche conturbanti. Bentornati! 

 

Voto: 7/10
Ignazio Gulotta

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