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4 Dicembre 2012 ,

Becky Lee and Drunkfoot HELLO BLACK HALO

2012 - Voodoo Rhythm
[Uscita: 29 /10/2012]

Becky Lee and Drunkfoot HELLO BLACK HALO Becky Lee Walters è nata a Tempe in Arizona ma ha vissuto a lungo a Melbourne, Australia ed adesso pare anche a Berna in Svizzera. Ha un delizioso faccino ma soprattutto un passione sconfinata per il rock'n roll. Si narra che adori vivere nel deserto e che ami bere più whiskey che birra. Chissà se per manie di egocentrismo piuttosto che per l'impossibilità di formare una band propria, ipotesi piuttosto remota, ha deciso di salire sul carrozzone rock proponendosi come one woman band. In fondo basta poco, una splendida voce, una chitarra ruggente, una kick drum ed un gusto compositivo di tutto rispetto. Nelle sue canzoni si parla di vita vissuta,  cuori infranti e di morte,  quindi uomini state alla larga da lei.

 

Becky ha mandato a memoria  oltre che i vecchi vinili polverosi dei bluesmen e degli eroi del rock'n roll dei fifties  anche la lezione del compianto Lux Interior ed i suoi indimenticabili Cramps. L'inizio di Lies è significativo al riguardo, sulle stesse orme pure The tracks, Killer mouse e Mess in your mind che avrebbero fatto un figurone su "Psychedelic Jungle" se non fosse che Becky non ha la voce da lupo mannaro di Lux ma un delicato timbro vocale che fa innamorare. Quando rallenta un po' i ritmi e smette di maltrattare la grancassa col suo delicato piedino la ragazza dimostra che ci sa fare anche con le ballate, che sono ricche di fascino in virtù dello scarno accompagnamento,  vedi alla voce One more time mentre Hips kids  suona come se nei Beach Boys uno dei fratelli Wilson avesse il gonnellino. 

 

Shoot em down è Paula Pierce delle Pandoras abbandonata  a se stessa dalle sue adorate compagne ed il finale di Beginning of the end come dice il titolo sembra riavvolgere l'intero disco quasi invitandoci al suo (ri)ascolto. Becky Lee and Drunkfoot HELLO BLACK HALO Fin qui tutto bene, un disco che sprigiona curiosità e colpisce al suo ascolto evidenziando al tempo stesso i limiti di simili proposte. Qui stiamo parlando del primo disco di Becky Lee, lei si è messa in gioco, ha sfoderato tutto il suo repertorio, ha fatto acrobazie vocali e strumentali per donarci un lavoro di tutto rispetto. Però la domanda che nasce spontanea e che tutti vi stareste ponendo è questa, quale futuro possono avere operazioni come queste? Un disco costruito per sola voce e chitarra può andar bene se proposto una volta ma alla lunga può risultare ripetitivo se riproposto all'infinito. Considerate le sue notevoli doti - non solo fisiche dico - Becky farebbe meglio a farsi accompagnare da una backing band, se poi nel caso quelli del gruppo  portano pantaloni o mini-shirts poco importa.  Un disco frizzante da spararsi  nel lettore più di una volta, passando oltre le mie considerazioni finali.  

Ricardo Martillos

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