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23 Novembre 2015 ,

The Orange Revival FUTURECENT

2015 - Fuzz Club Records
[Uscita: 01/10/2015]

Svezia    #consigliatodadistorsioni     

 

The Orange Revival - Futurecent - cover artThe Orange Revival sono, sotto l’egida di Fuzz Club Records, esponenti di una crescente scena neopsichedelica svedese (in primis Goat e The Janitors, passando per territori più morbidi come Slowgold o zone pericolosamente free come Centralstödet) all’interno di una scena scandinava interessante (sempre per Fuzz Club troviamo Electric Eye, norvegesi, The Wands e The Woken Trees, danesi) e ancora più generalmente, di un risveglio delle coscienze psichedeliche in tutto il mondo nordico (Singapore Sling, Dead Skeletons, Third Sounds dall’Islanda).

La cerchia nordica non è che un punto di partenza per la band (che ha già avuto la consacrazione oltreoceano sul palco dell’Austin Psych Fest e condiviso tour con White Hills, Warlocks, Spectrum) che all’approdo in casa Fuzz Club realizza un album, “Futurecent”, lontano dalle atmosfere marcatamente sixties dell’esordio “Black Smoke Rising” del 2011. Il riferimento musicale non va alla pregevole tradizione svedese (Träd, Gräs och Stenar, Hoola Bandoola e tutta la scena del Proggen) ma tutt’altro, la composizione dei pezzi poggia su una robusta struttura anglo-americana. Il mixaggio poi a cura di sua maestà Peter Kember toglie ogni dubbio sulla realizzazione del progetto.

 

Orange revival press photoSono lontane le litanie bucoliche di Black Smoke Rising (Medistation, Set Her Free) e le jam flower power (Yesterday, Bring Your Light): dal pattern iniziale di Saturation si capisce che la strada che si percorre è un autobahn a metà tra kraut tedesco e space inglese. La tessitura roboante ed ipnotica si impossessa delle utopie solari di Lying In The Sun e diviene quasi energia concreta nel martellante blues tellurico di Speed (che in extended-version sarebbe il loro miglior pezzo).

Il raga rock di Setting Sun si avvale di droni sixties e tribalismo teutonico; Carolyn è un sabba space squarciato dai fuzz di chitarra (ancora Wayne Kramer, ancora Ron Asheton maestri assoluti di Kember) che si dilunga per 8 minuti. 1999 porta nel lotto il gusto per la melodia dei Brian Jonestown Massacre senza tralasciare le pulsazioni ipnotiche di basso e tastiere; il finale, relegato a All I Need è un orangerock’n’roll straziante e decadente, un drone rincorso dalla band per 9 minuti.

Futurecent  ha tutte le carte in regola per essere un grande lavoro: un numero equilibrato di canzoni e un minutaggio che né mette a dura prova né lascia l’ascoltatore insoddisfatto. L’unica pecca è quella di risultare un po’ oleografici, complice anche il lavoro di Kember; forse il tempo correggerà anche questo piccolo neo. Il trip spaziale con The Orange Revival è comunque assicurato. Ni är välkomna. 

Voto: 7/10
Ruben Gavilli

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