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25 Ottobre 2014 , ,

The Church Further/Deeper

2014
[Uscita: 17/10/2014]

Australia                                                                   # Consigliato da Distorsioni

the-church_further-deeperPer chi come noi ha amato i Church sin dai tempi eroici di "Of skins and heart" questo disco rappresenta un nuovo avvento. Ok, non c'è Marty Wilson-Piper, ma nessuno avrebbe voluto un album fotocopia dei grandiosi "The Blurred Crusade" o "Seance". Il tempo non aspetta nessuno e sono passati più di trent'anni da quelle meraviglie e Steve Kilbey non è mai stato a cullarsi sugli allori. Tutt'altro. Marty aveva detto tempo fa che "non era disponibile" e i Church sono andati oltre. Con l'aiuto di Ian Haug, ex chitarrista dei Powderfinger, Steve e soci (Peter Koppes alle chitarre e Tim Powles alla batteria) ci regalano nel 2014 "Further/Deeper",  un disco sontuoso, onirico, poetico. L'eclettica figura del leader domina in un disco molto vicino alle ultime perfomances soliste di Kilbey ed alle sue molteplici collaborazioni, mantenendo comunque un ideale punto di contatto con l'universo sonoro che caratterizzò la band australiana negli anni d'oro. Vanishing man apre un album che si potrebbe quasi definire, non senza azzardo, concept, se non altro da un punto di vista puramente emozionale. La band ci avvolge con un mantello sonoro che si rivelerà una costante, esecutiva e produttiva, dalla prima all'ultima traccia.

 

the-church-newalbumLa voce di Kilbey quasi si perde, evocativa e calda come sempre, fra le foschie armoniche di Delirious, deliziando in Pride before A fall dolce, sognante come non mai fra le magiche trame chitarristiche di Peter e Ian. Grande singolo. I Church volevano ancora esserci, come velatamente Steve ci anticipò in un'intervista a Distorsioni lo scorso anno. E ci sono. Toy head è un soffio di poesia che sfiora i timpani surfando fra gli anelli di Saturno o fra le ombre geologiche di Laurel Canyon. Love Philtre rimanda vagamente alle atmosfere di "Starfish", ma non è un voltarsi indietro. Nessuna nostalgia. I Church del 2014 vogliono evolversi ulteriormente. E' un pò come nei dipinti o nelle poesie di Steve... nulla è esattamente come sembra. E' un album cupo, malinconico, non sorprende certo, ma c'è voglia di musica, di suono, di espressione. Sarà interessante vedere la resa live di brani come Globe spinning o Lightingsafe_image white. Batteria tostissima, chitarre ipnotiche. Non è Seance, ma quasi. L'attitudine è quella. Old coast road ci culla con un jingle-jangle che ci riporta a "Remote Luxury". Let us go, Volkano e soprattutto le chitarre di Miami chiudono splendidamente un album inatteso, ma che speravamo arrivasse prima o poi. Quando avevamo 16 anni i Church, all'interno del trionfante aussie rock, erano una abbagliante luce di candela votiva nell'oscurità soffocante di un mondo di plastica. Ora siamo diventati adulti, ma è sempre bello sapere che ci sono ancora dei vecchi amici a raccontarci dolci e malinconiche storie.

Voto: 8/10
Maurizio Galasso

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