Migliora leggibilitàStampa
28 Aprile 2012 ,

Branford Marsalis Quartet Four MFs Playin’ Tunes

2012 - Marsalis Music/Universal
[Uscita: 21/04/2012]

Brandford Marsalis QUARTETSi potrebbe parlare all'infinito di Branford Marsalis, celebre sassofonista nero americano che negli ultimi 30 anni ha dettato le leggi severe del jazz contemporaneo. Dopo l'ottimo album in duo dello scorso anno con Joey Calderazzo (“Songs of Mirth And Melanchholy”), Marsalis torna con il suo micidiale quartetto scrivendo pagine di musica meticcia e omaggiando i suoi padri musicali, da John Coltrane a Ornette Coleman, passando per Joe Henderson e Wayne Shorter in un fluire di emozioni free jazz avvolte in una patina groove dal suono eccellente. Affiancato dai fidi Joey Calderazzo (piano), Eric Revis (basso), Justin Faulkner (drums) il sassofonista macina musica & assoli a volontà in 9 tracce dal respiro profondo (su tutte Teo e The Migthy Sword), brani costruiti sapientemente accostando il gusto per il suono neo bop afro-americano, per le architetture jazz-blues ed i ritmi incalzanti, 'quasi' sperimentali, che sanciscono il ritorno di uno dei migliori sassofonisti che la storia più recente del jazz possa annoverare.

 

Branford Marsalis è il jazz che si tramuta in persona, la password per entrare nell'olimpo della musica nera: nato a New Orleans nel 1960 il giovane talento nei primissimi anni ottanta frequenta i gruppi di Art Blackey, Miles Davis (con cui incide il mitico “Decoy”, 1984) Herbie Hancock e Sting, ma è con l'inizio della sua carriera solista (“Scenes in the city”,  1984) che Marsalis trasforma la musica in arte con ottimi dischi che interpretano l'archetipo del musicista moderno, filtrandolo anche con l'hip-hop jazz nella seconda metà degli anni novanta, grazie al gruppo da lui creato, Buckshot LeFonque, pura creatività musicale dove jazz, indie rap, alternative funk e melodie pop si fondono in un concentrato di estasi suprema (“Buckshot LeFonque” '94, “Music Evolution” '97, tutti su Columbia, da avere). In “Four MFs Playin' Tunes” lo ritroviamo puro, eclettico, tanto da trasformare i nuovi linguaggi jazzistici in una nuova, unica sintesi dove confluiscono suoni estremi e contaminazioni varie. Al centro dell'attenzione c'è Endymion, gustoso pezzo dallo spessore autoriale, notevole. Come il jazz moderno vuole.     


 

Giuseppe Maggioli

Video

Inizio pagina