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9 Giugno 2013

These New Puritans FIELD OF REEDS

2013 - Pias
[Uscita: 10/06/2013]

These New Puritans “FIELD OF REEDS”  (10 Giugno 2013 PIAS In un mondo musicale dove le copie carbone regnano sovrane These New Puritans sono uno dei pochi gruppi che, pur non inventando nulla in definitiva, mostrano una cifra stilistica non riconducibile a modelli stantii. Dopo l'aspra dark wave del primo “Beat pyramid" (2008), devota a tratti ai grandissimi Gang of Four, col secondo “Hidden” (2010) c'è già una forte svolta: basta chitarre taglienti e ritmi tribali, compaiono tastiere elettroniche, ritmi marziali e squadrati e, in alcuni brani, sontuose partiture di fiati. Col nuovo disco “Field of reeds” il percorso compiuto è tale che rispetto al primo album potremmo pensare di trovarci di fronte a due gruppi distinti. I fiati ora sono lo strumento dominante nella costruzione sonora. I brani sono molto  lunghi, anche tra i cinque e i nove minuti. I ritmi spesso lentissimi. Siamo nei territori dove si muovevano certo rock di Canterbury, gli ultimi Talk Talk, i Gastr del Sol più intimisti. Anche la voce del cantante Jack Barnett, fondatore del gruppo col gemello George, si è fatta più diafana, e spesso lascia il posto alla cantante jazz Elisa Rodriguez. La batteria, suonata sia da George Barnett che dal terzo membro fisso Thomas Hein, è meno presente rispetto ai dischi precedenti e tiene spesso tempi jazzati. Tromba, flicorno e clarinetto hanno ampi spazi solisti. Fin dal primo brano The way I do, abbiamo un cantato flebile, supportato da poche note di tastiere, per poi esplodere in imponenti partiture di fiati. Le melodie in alcuni brani, come The light in your name o V (Island song) sono complesse, poco orecchiabili, ai confini dell'atonalità come solo due David, Sylvian e Grubbs, osano fare in campo pop.

 

Anche canzoni leggermente più ritmate, come Fragment two, sono lontane anni luce dal pop da classifica, pur rimanendo ancorabili al genere rock. Procedendo nell'ascolto del disco si fanno più forti le influenze del Canterbury rock, per quanto Barnett in un'intervista abbia citato tra le maggiori influenze i Puffi (!?). Le armonie vocali di Spiral sembrano uscire da un album di Hatfield and the North, la bellissima Nothing else potrebbe uscire dalla penna, e dall'ugola, di Robert Wyatt, l'assolo di organo in Field of reeds usa gli intervalli che sono tipici dei National Health. Unico difetto, per chi scrive, in un paio di brani, come nella conclusiva title track, è l'apparizione di cori che appesantiscono troppo il suono, per fortuna solo per brevi tratti. Per chi ama la musica molto d'atmosfera e si spinge ai confini tra rock e avanguardie un ottimo disco, chi ama il rock più violento ascolti con precauzione.

Voto: 7.5/10
Alfredo Sgarlato

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