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18 Aprile 2020 ,

Fiona Apple Fetch The Bolt Cutters

2020 - Epic Records
[Uscita: 17/04/2020]

Attraverso il suo dilatato catalogo, non è mai stato facile incardinare Fiona Apple e collocarla in una precisa galassia musicale. Durante il suo percorso, i suoi lavori hanno fluttuato attorno ai più disparati mondi del cosmo sonoro: dalla sua ascesa alla fama in veste di songwriter adolescente durante il capitolo piano-rock degli anni ’90, la sua musica è, difatti, diventata progressivamente complessa, meno ortodossa, sempre più lontana dal formato convenzionale delle composizioni pop moderne. Il suo sospirato nuovo album, "Fetch the Bolt Cutters" (Epic Records), traspone il genio musicale della Apple su un pianeta tutto suo, su cui nessun altro ha avuto l’audacia di porre piede. Come tutti i progetti firmati dalla newyorkese svezzata a Los Angeles, "Fetch The Bolt Cutters" si è preso il suo tempo per farsi strada tra la giungla creativa della Apple e giungere alle nostre orecchie - una gestazione di otto anni, per la precisione - filtrando lentamente, goccia dopo goccia, attraverso un processo di autoanalisi da parte dell’artista cult. Dietro questo psicotico, ossessivo-compulsivo taglia e cuci di eccellente cantautorato, padronanza musicale e genio creativo, il disco è un capolavoro a tutti gli effetti, composto e registrato nella sua residenza a Venice Beach e con ogni elemento della produzione sotto la sua esclusiva supervisione. L’album è astruso e sperimentale nella sua natura, ma riflette l’essenza della vita odierna nella sua filosofia più basilare. Ne è l’esempio lampante la multiforme title-track, composizione che echeggia di applausi, passaggi a cappella, repentini cambi di tempo, conversazioni di sottofondo ed addirittura cani che abbaiano; è un azzardo compositivo che correrebbe il rischio di volare via e perdersi nell’atmosfera, se solo non fosse cosi radicato in delle solide fondamenta ritmiche. L’intero disco è, infatti, tenuto insieme da uno stile percussivo intenso e tribale, primitivo e crudo (Relay) per la quale costruzione sono stati usati oggetti di ogni tipo, dai suoni acuti del vetro nello stile di Meredith Monk ad apparizioni cupe di utensili secondo la scuola tedesca del Kraut. Lo stampo avant-garde dell’opera ci è preannunciato nel brano di apertura “I Want You To Love Me”, dettato da un loop di piano di influenza minimalista Rileyana su cui si distende la voce della musicista americana alla vetta della propria bellezza, danzando in un poetico crescendo esteso tra la consapevolezza ungarettiana della precarietà della vita ed il più basilare desiderio di amore che arde finché il corpo umano lo permette (And while I'm in this body, I want somebody to want). L’istruzione classica della Apple è facilmente riconoscibile dalle sue folgorazioni al pianoforte, che tanto si distanziano dal piano-rock che l’ha portata alla fama: l’attacco alla tastiera di Shameika riflette quanto un album possa essere massiccio, a livello di impatto, senza l’uso di distorsione alcuna ma tramite la sola potenza espressiva dell’artista. Il tono del disco, indubbiamente confidenziale, si manifesta nel loquace stile della Apple che fonde prosa e poesia, alternando rabbiosi raptus vicini al rap a momenti lenti e meditativi. La pesantezza dell’opera, sia a livello musicale che di contenuti, è distesa lungo tutto il suo perimetro: sono presenti tracce trattanti il tema della depressione tramite metafore sull’annegamento (Heavy Balloon), richiami autobiografici allo stupro mascherati dalla dizione allegra di un coro armonizzato (For Her), riflessioni sulla mercificazione della donna poste in un’atmosfera surreale e circense (Rack Of His) e inni alla solidarietà femminile che invitano alla resilienza e alla ribellione femminista (Ladies, Under The Table). I riferimenti di valore sono così variegati ed essenziali nella forma e nello stile che il disco intero merita uno studio letterario approfondito. La voce della Apple, che in ‘Fetch’ dimostra tutta la vastità del suo spettro tecnico, rimane il fulcro della sua arte: striduli che, passando per sussurri, gemiti, e falsetti vari si evolvono nel suo croon, dal timbro così singolare e distintivo. In termini di lirismo, per l’artista americana il linguaggio è un parco-giochi, proprio come lo era per Dylan negli anni ’60; è la franchezza con cui vengono espresse le tesi finali ad essere così palese e priva di figure retoriche. Il suo tono è fiero, coraggioso e reattivamente aggressivo; i suoi testi sono collage di rime, filastrocche e giochi di parole. Sono pezzi di un puzzle maniacale, riordinati con minuziosa attenzione fino al concepimento dell’immagine finale: epifanie esplosive, venute a sprigionare il senso più profondo e concreto dietro il muro delle semplici parole. Con “Fetch the Bolt Cutters”, Fiona Apple conquista il posto sul podio in quanto songwriter quintessenziale e voce di riferimento dei nostri tempi. La sua persona, una naturale conseguenza della vita vissuta sulla propria pelle, sintetizza la follia Bjorkiana senza perdere orecchiabilità, l'attitudine di PJ Harvey e l’intellettualismo femminista di Kim Gordon, i valori intrinseci di sperimentalismo Yoko-Oniano senza cadere nello snobismo. Diretta, brutalmente onesta, impenitente, introspettiva: una donna che incassa a testa alta e risponde con altrettanta veemenza, una donna che non verrà messa a tacere, come ci ricorda in Under The Table: "Kick me under the table all you want / I won't shut up, I won't shut up". In una società che si sta ribellando al potere con lentezza ma con esponenziale intensità e costanza, la Apple e la sua opera sono un archetipo da conservare in una teca di cristallo e da studiare. Nel nostro presente, la parola “genio” è abusata cosi assiduamente da perdere il suo valore. La presenza di artisti del calibro di Fiona Apple non è solo rinfrescante: è necessaria a ricomporre una certa gerarchia di valore artistico. Siamo solo ad aprile, ed è un po’ presto per parlare di disco dell’anno. Ma sicuramente, questo grande album si è già guadagnato la pole position per il titolo.

Voto: 8/10
Gabriele Bartoli

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