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20 Gennaio 2013 ,

Prime Circle EVIDENCE

2012 - EMI
[Uscita: 12/11/2012]

evidenceGruppo al suo quinto album in studio Prime Circle vantano una notevole serie di successi di vendita e di critica nella propria terra natale, il Sud Africa. Sono stati sparring partner di diversi gruppi USA durante le loro tourné in Sud Africa e vantano anche importanti partecipazioni ad eventi mediatici quali il Nelson Mandela Concert. Quello che risalta, nel complesso, è una notevole compattezza nel suono e una buona vena compositiva, in linea con i dettami circa una musica rock easy-listening fatta di pezzi intorno ai 4 minuti di durata, molto semplici nella struttura e dalle elevate dinamiche (caratterizzate da sezioni ritmiche corpose, grande apporto di chitarre e tappeti appena percettibili di tastiere). Il tutto suonato da una buona rock band (che credo riesca dal vivo a trasferire molta energia), ma senza particolari eccellenze di creatività e tecnica, ad eccezione della bella voce baritonale del cantante solista, che mi sembra decisamente la parte migliore del gruppo sudafricano. Ho provato ad immaginarmi questi pezzi privi della parte vocale e mi sono sembrati tutti parecchio simili fra loro sia nella melodia che nella struttura. Niente da dire sulla produzione. Tutti i pezzi sono ben eseguiti e ottimamente registrati. Tutti sono anche abbastanza buoni, anche solo per un ascolto distratto. Non è un album che comprerei, ma se ne ascoltassi un pezzo in una programmazione radiofonica non cambierei canale.  

 

Purtroppo non posso dare un giudizio sui testi in quanto il materiale a mia disposizione non li riportava, ma i testi di altri pezzi di album precedenti parlano quasi tutti di storie intime e oscure, velate da una malinconia neanche tanto latente. La title-track (il secondo brano dell'album dopo una breve intro quasi kraftwerkiana) è un bel pezzo rock che a me ricorda (come tutto l'album, del resto) le atmosfere dei Pearl Jam (forse per la somiglianza del timbro di voce del cantante Ross Learmoth con  quello del grande Eddie Vedder). Al termine dell'album, probabilmente come bonus, ne viene proposta una bella versione acustica, con tanto di chitarra spagnoleggiante e clap in controtempo, come nel flamenco. La terza traccia (Change) in realtà non cambia molto le cose e rimane sullo stesso registro della precedente, mentre la successiva (Time Kills Us All) è una bella ballad dove è sempre la voce ad essere protagonista accompagnata da un arpeggio e da una struttura musicale corposa e evocativa.

 

In Answer le chitarre in contrappunto alla sezione ritmica creano una bella atmosfera dark che vedrei adatta a commentare una scena notturna e violenta (il testo, verso la fine, ripete ossessivamente “I'm afraid of the dark”). A mio avviso si tratta di uno dei momenti migliori dell'album.  Know you better e Kings for a day (sesta e settima traccia) sono pezzi di facile ascolto, ma senza molto fascino, mentre la successiva Room of Ghost (che evoca molto alcune atmosfere del british pop) potrebbe essere un buon estratto da videoclip. Già alla nona traccia (Staring at Satellites) si inizia ad avvertire una certa ripetitività nell'ispirazione (come se le idee buone dell'album vengano riciclate per arrivare a completare i canonici 12 pezzi).  Nulla aggiungono le successive due tracce (Only way out e Given the truth) mentre il pezzo finale (Written in riddles) è un buon brano, caratterizzato anche da ottime armonie vocali, un piano arpeggiato e la voce. La tredicesima e ultima traccia è la versione acustica di Evidence. Nel complesso, un album le cui tracce (singolarmente) sono tutte abbastanza piacevoli, ma dall'ascolto complessivo che potrebbe indurre sonnolenza ai soggetti non predisposti. 

Marco Lamalfa

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