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11 Giugno 2016 , ,

Miles Davis & Robert Glasper EVERYTHING’S BEAUTIFUL

2016 - Columbia-Legacy
[Uscita: 27/05/2016]

Stati Uniti    

 

unnamed-6Difficile ravvisare la “ratio” giustificativa di operazioni discografiche come questa. Riprendere brani di un mostro sacro come Miles Davis e farne altra cosa alla luce di stilemi soul, rhythm & blues, hip-hop, è un cimento ai limiti della follia, seppur occorra per onestà intellettuale cercare di capire le remote pulsioni di artisti, anche di un qual certo successo, come Robert Glasper (pianista e produttore texano, già vincitore di un Grammy Awards) verso ardimenti di tal fatta. Sappiamo che al re del jazz piacevano queste operazioni di commistione tra generi, le sue collaborazioni con  musicisti quali Marcus Miller, John Scofield, il suo rammarico di non aver potuto incidere con il leggendario Jimi Hendrix, e le sue reinterpretazioni di brani anche di pop alquanto corrivo, nobilitate dalla sua classe inenarrabile, ne sono patente testimonianza. Ma dubitiamo alquanto che un’operazione del genere di quella messa in essere da Robert Glasper (nella foto qui sotto a destra) avrebbe mai potuto suscitare il suo pur minimo interesse.

Un album raccogliticcio, forzato, con ospiti, pur validi nei loro rispettivi ambiti di appartenenza ma decisamente fuori contesto, con pochissimi picchi di qualità, e molta, troppa banalità. A partire dalla traccia iniziale Talking Shit, e proseguendo per Ghetto downloadWalkin’ (ospite Bilal), They Can’t Hold Me Down (con Illa J ospite) in salsa rap. Decisamente più godibili risultano: Maiysha, in virtù della splendida voce di Erykah BaduLittle Church, in tono di dimessa litania soul, con l’opportuna apparizione di Hiatus Kaiyote; così come decisamente di tono superiore appaiono, invece, Silence Is The Way, grazie alla presenza di Laura Mvula, e la classicissima Milestones (con Georgia Ann Muldrow) dai  ritmi sostenuti e accattivanti. Insignificante appare, poi,  Song For Selim (ospite King), e addirittura imbarazzante, nonostante l’augusta presenza di John Scofield, I’m Leaving You. Superba, invece, la traccia finale, Right On Brotha, col grande Stevie Wonder, una sontuosa cavalcata tra generi, coniugati con maestria e talento. Troppo poco. Album pretenzioso e, cosa grave, involontariamente iconoclastico. 

Voto: 5/10
Rocco Sapuppo

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