Migliora leggibilitàStampa
23 Settembre 2013

Girls In Hawaii EVEREST

2013 - Naive Records
[Uscita: 16/09/2013]

girls in haway everestI belgi Girls In Hawaii sono un gruppo poco prolifico: un disco ogni cinque anni per un totale di tre incisi. A rallentare l'attività ha contribuito negativamente anche la morte in un incidente stradale del batterista Denis Wielemans, fratello del cantante Antoine. La lunga pausa tra un disco e l'altro non sembra tuttavia giovare all'ispirazione del gruppo, che si presenta piuttosto ondivaga, sia dal punto dell'uniformità stilistica che dei risultati. Il gruppo non presenta una linea ben definita, difficile dire se sia eclettismo o compresenza di troppe influenze, e troppo diverse tra loro. Americana, Indie pop, new wave revival si alternano lasciando l'ascoltatore incerto sul giudizio. L'iniziale The spring è una lenta ballata d'atmosfera sulla scia dei Lambchop, col pianoforte in evidenza e rumori elettronici di contorno, purtroppo però senza il fascino del vocione roco di Kurt Wagner. Misses è un brano dominato dalle chitarre arpeggiate, in un tipico stile da rock alternativo degli anni '90. Coi brani seguenti ci avviciniamo alla new wave romantica più roboante, vedi We are the living, con batteria potente e tastiere in evidenza, la malinconica Changes, con un notturno organo farfisa e un ritornello azzeccato, o Switzerland, che ci riporta agli Ultravox! più innamorati (se questo sia un complimento o una condanna lo decida il lettore a seconda dei propri gusti).

 

Nuovo cambiamento di stile con Here I belong, lenta ballata da locale fumoso con ritmo stile anni '50, cantato semi-recitato sulla scia degli Arab Strap, ma piuttosto noiosa. Si procede quindi con alcune canzoni rock ma malinconiche, un po' tirate per le lunghe anche se hanno qualche intuizione compositiva non disprezzabile, ma anche trucchetti un po' banali come l'uso di voci filtrate. Con Rorshach, omaggio al più usato tra i test di personalità, torniamo in clima new wave, ritmi squadrati e tastiere aspre che ricordano nel fraseggio e nella sonorità The model dei Kraftwerk. La conclusiva Wars potrebbe essere una gradevole ballata minimale, ma anche in questo caso l'uso della voce è poco incisivo, e spesso torna l'orribile vocoder, effetto che era odioso e noioso già quando lo usavano i Rockets nel 1979, figuriamoci al giorno d'oggi. In definitiva non un disco brutto, ma niente di indimenticabile, prodotti di questo tipo se ne ascoltano a centinaia; il gruppo ha anche una certa capacità di scrittura, ma la voce poco personale, difetto forte in un gruppo che punta sulle melodie, e l'insistenza su alcuni vizi banali spesso la pregiudicano.

 

Voto: 6/10
Alfredo Sgarlato

Video

Inizio pagina