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19 Ottobre 2013 ,

Alex Chilton ELECTRICITY BY CANDLELIGHT: NYC 2/13/97

2013 - Bar None/Goodfellas
[Uscita: 09/09/2013]

alex chilton# CONSIGLIATO DA DISTORSIONI

 

La carriera di Alex Chilton è un po’ come il concerto catturato in questo disco. A un certo punto, semplicemente, è andata via la luce. E da lì in poi Alex ha improvvisato, per la gioia di tutti quegli irriducibili che sono rimasti ad ascoltarlo. “Electricity by Candlelight” è quindi metafora perfetta della figura artistica chiltoniana, ma anche un’aggiunta preziosa ad una discografia che riesce a essere allo stesso tempo scarna  e caotica. Verrebbe quasi da dire, non suonasse come una bestemmia in chiesa alle orecchie dei più, che il vero Alex Chilton non sia stato il principe del power pop capace di scrivere l’inno ufficiale del genere (September Gurls: che no, qui non c’è), il depositario di quel genio melodico tramandato alla posterità nei tre dischi dei Big Star. Ma piuttosto questo: un busker poetico e sgangherato, uno che si farebbe ammazzare piuttosto che suonare le canzoni per cui tutti (ok, si fa per dire: molti) lo conoscono, e che preferisce piuttosto sbrindellare evergreen e standard immortali (Girl From Ipanema, My Baby Just Cares For Me, Someone to Watch Over Me) o andare a sfrucugliare nella memoria alla ricerca di vecchi pezzi country, doo-woop o r’n’b,  da cantare un po’ alticcio e senza fare troppa attenzione alla metrica. La musica che amava era questa, in fondo.

 

alex-chiltonEd anche il modo di darsi al pubblico: senza rete, così come viene, sempre a un passo dal trionfo e a due dal disastro. Non c’è niente di più distante dalla scintillante, apollinea perfezione di una Ballad of El Goodoo o di una Thirteen di queste cover stortissime e improvvisate sul momento: Johnny Cash (I Walk the Line), Joni Mitchell (A Case of You), addirittura un trittico dedicato a Brian Wilson (Solar System, Surfer Girl e un Wouldn’t It Be Nice in cui le stonature raggiungono un livello epico). Detto così sembra di raccontare una pagliacciata, in realtà invidiamo profondamente quel centinaio di persone presenti alla Knitting Factory il 13 febbraio 1997, perché hanno vissuto un’esperienza live di quelle che non si possono dimenticare. A un certo punto, prima del secondo di due set previsti, salta la corrente e si accendono le candele. Qualcuno ha una chitarra acustica, la passa ad Alex e lui, in piedi in mezzo ai tavolini, fa la sua serenata ai fortunati che erano rimasti lì invece che farsi rimborsare il biglietto e uscire.

 

Attacca con Last Bouquet di Clyde Owens, in mezzo ai battimani di incoraggiamento e alle risate, e finisce tre quarti d’ora più tardi con una If I Had A Hammer che se lo avesse alex chiltonsentito Pete Seeger lo avrebbe preso a roncolate. Per dare un’idea: una via di mezzo tra “Texas Campfire Tapes” di Michelle Shocked e “Metallic Ko” degli Stooges. Eppure, come sempre quando Alex era in vena, c’era della magia nell’aria. E anche se una registrazione non può riprodurre l’emozione di essere lì, perché certe cose vanno vissute e consumate sul momento, quando lo senti attaccare Motel Blues di Loudon Wainwright (ricordate quel bellissimo live dei Big Star pubblicato dalla Ryko vent’anni fa?) non puoi non pensare a quanto questo lonely rock’n’roller ci abbia reso migliore la vita. Ascoltate questo concerto, immaginate che sia una sera newyorkese di sedici anni fa, e accendete una candela per Alex Chilton.

 

Voto: 8/10
Carlo Bordone

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