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24 Gennaio 2013 , ,

Honeybird & The Birdies YOU SHOULD REPRODUCE

2012 - Trovarobato Records
[Uscita: 24/10/2012]

Honeybird & The Birdies “YOU SHOULD REPRODUCE” Monique “Honeybird” Mizrahi, Paola “P-Birdie” Mirabella e Federico “Walkietalkiebird” Camici. Questi i nomi e relativi soprannomi di questi tre scriteriati, che, a partire da una inusuale, per dir poco, strumentazione a base di basso, batteria e charango, strumento andino a dieci corde ricavato dalla corazza dell'armadillo, hanno messo in piedi questo disco al quale non si può certo imputare la mancanza di originalità. Voci di corridoio segnalano inoltre che i tre, nel corso delle loro infuocate performance musicali, si producano anche in danze tribali sfrenate e liberatorie. Non la sto buttando in caciara, né voglio prendere in giro nessuno, tantomeno loro, che si sono autofinanziati tramite il portale Kickstarter, evidentemente credendo nel proprio lavoro: personalmente, infatti, reputo l'originalità un assoluto pregio. E qui c'è tutta, nell'uso degli strumenti, appunto, ma anche nei ritmi,  sempre “storti”, nelle melodie meticce, addirittura nell'utilizzo, in un pezzo, una specie di post-punk isterico, di una lingua non propriamente musicale, come il tedesco (Eine Kalte Geschichte), e in un altro, piuttosto vicino al folk, (Cajaffari) del siculo, sicuramente più morbido.

 

C'è anche qualche momento più tosto, come l'ottima “title track” in cui il charango lascia il posto ad una chitarrona distorta e la voce altrimenti sorridente di Monique assume toni cupi tra lo sferragliare di un ritmo possente, per poi sfumare in un recitato su sottofondo feedback e terminare echeggiando, oppure la saltellante Elastic Stares, che sfuma in una sorta di caos organizzato tra il progressive e il free. Non mancano le atmosfere tribaliste (To The Earth's Core, con tanto di steel drum, East Village, incalzante simil-bossa), qualche inevitabile rimando talkingheads-iano (Where D'Ya Live Yo), suggestioni afro (Canopy Dream), profumi d'oriente (Perejil, che denuncia i massacri dei buddisti in Cambogia su un insistito arpeggio del charango). Insomma, un disco che fa della varietà e dell'eclettismo il suo punto di forza, senza un genere di riferimento ma che riesce a conquistare, probabilmente, proprio per questo.  

Voto: 6.5/10
Luca Sanna

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