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20 Febbraio 2014 , ,

7 Training Days WIRES

2013 - Autoproduzione
[Uscita: 16/12/2013]

copertina# Consigliato da Distorsioni

 

7 Training Days sono un quartetto che arriva dall’esplosiva e fervente terra del frusinate. Antonio Tortorello basso, Simone Ignagni voce e chitarre, Daniele Carfagna chitarre, Giovanni Ignagni batteria e percussioni. Sono al loro secondo album e con l’EP del 2012 “Finale/Forward”, hanno inaugurato una fruttuosa collaborazione con i VDSS di Filippo Strang, ovvero il mitico studio di registrazione che contraddistingue il suono Miacameretta Rec. “Wires” presenta due contraddizioni apparenti quanto spiazzanti, diciamolo subito senza girarci intorno, anche perché la stessa perplessità che viene spontanea di primo acchito è destinata ad assumere, dopo maggiore approfondimento, vera e propria caratteristica di punto forza e di originalità. Si presenta quasi come un concept volto ad aggirare e recidere i fili che ci tengono ancorati all’ordinario, al rispetto delle tradizioni imposte ma parla un linguaggio di rivisitazione tra classicismo rock e nostalgica ricerca emozionale delle atmosfere dei ’70. Il suono è genuino, punta sull’analogico e sulla bassa fedeltà, la ricetta è quella di un indie melodico che alterna la ballata folk ai ritmi energici impastati di riff e variazioni repentine dell’alt-rock.

 

La mossa vincente è quella di mantenersi freschi e diretti, godibili e gradevoli galleggiando su scelte stilistiche in grado di trasmettere tanto il disorientamento inquieto, tipico dell’era post industriale, che l’anelito mai veramente sopito di voler trascinare in campo i propri sogni, la propria fuga interiore. L’etereogeneità pulsante mette in campo una serie incontenibile di arrangiamenti sfiziosi e melodie sghembe che sono forse la risposta più7-training-days sarcastica e intelligente per entrare nello spirito odierno e per operare quella cesura netta con questi fantomatici fili dei diktat imposti. Dodici brani frizzanti, con riverberi psichedelici, distorsioni o boogie sarcastici che sottolineano testi agrodolci sospesi tra esistenzialismo e umorismo caustico. Dalle chitarre catchy di Gone ai contrappunti elettrizzati del basso in Life, fino all’accattivante ritmica di You Are Not me, ogni variante rende fluido e ben armonizzato il lavoro che sbava in alcune indulgenze di troppo in I Will, che sembra voler deragliare in un eccesso di soluzioni ad effetto, e la trascolorata To Climb. Per il resto è encomiabile l’equilibrio tra minimalismo e raffinatezza melodica (Down by the River), leggerezza (Pocket Venus) e intensità emotiva (Wires, Random Heart). Con picchi ispirati come per The Greater Good possiamo tuffarci in un cristallino indie che attinge ad influenze standard da roots rock ma compie anche una rielaborazione tanto creativa quanto anche riflessiva per comprendere l’oggi e le sue contraddittorietà.

 

Voto: 7/10
Romina Baldoni

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