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9 Maggio 2016 ,

Istvan S/T

2016 - Bronson
[Uscita: 07/04/2016]

#consigliatodadistorsioni     

 

ISTVANcoverAscoltando l'esordio omonimo degli Istvan si percepisce la solennità di un antico rituale panteistico nato dall'incrocio tra il misticismo religioso ed una sorta di devozione animistica, così come risulta confermato da una sottotraccia concettuale del progetto che rimanda alla filosofia di Angelus Silesius.

I cinque brani della tracklist sono attraversati da un'energia atavica destinata a rinnovarsi di continuo grazie alla coesione di elementi storicamente cristallizzati (vedi un'attitudine stoner che ha in sé echi del desert rock di Palm Desert e di un sound hard di stampo seventies) con spinte di post rock e l'utilizzo di una semiotica psichedelica che definisce il tracciato di un viaggio interiore. Carlo Teo Pedretti, Giacomo Russo e Marco Sabbatani, la cui genealogia affonda le proprie radici nell'hardcore, hanno creato un album di grande suggestione e spessore per la varietà delle intuizioni, dando vita ad una musica ieratica che potrebbe fare da sfondo ad un cammino iniziatico intrapreso nelle profondità insondabili dell'inconscio. Tutto nei brani sembra disegnare una parabola circolare che alterna momenti estatici ad improvvise detonazioni, dalle quali si sprigionano densi vapori fuzz, innescandosi il moto di un raga nella cui vertigine si perdono le coordinate spazio temporali.

 

istvanLa traccia d'inizio Bohor è un essere che muta pelle: dall'arpeggio ipnotico si libera la forza di chitarre sature che brucia l'ossigeno, come fosse un incendio che si riverbera in un cielo buio. Mire è un prog roccioso con cambi armonici continui, intervallato da leggeri echi Pink Floyd che si destrutturano ferocemente; dopo la breve sosta di Stonemill, che sembra omaggiare il folk bucolico di “III” dei Led Zeppelin, si riparte conist Rundweg il cui iniziale crescendo innesca l'accelerazione di un blues durissimo che, dopo squarci di luce, sprofonda in uno spietato doom di impronta sabbattiana.

L'ultima traccia, Kenosis, sintetizza le varie anime degli Istvan, quella meditativa e quella più esoterica, in un brano che parte lento come a descrivere il ciclo vitale di una creatura ctonia, per poi innescare la stessa furibonda accelerazione di Asteroid dei Kyuss. Gli Istvan hanno scolpito la propria identità sonora grazie ad una efficace rielaborazione del proprio bagaglio di esperienze riuscendo, però, ad allontanare il rischio di risultare dispersivi o, peggio, passatisti. Ottimo esordio.

Voto: 7.5/10
Giuseppe Rapisarda

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