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28 Gennaio 2012 ,

Psycho Frog Psycho Frog – EP, 4 Tracks

2012 - Autoprodotto
[Uscita: 17/01/2012]

Gli Psycho Frog vengono dalla Puglia, precisamente da Mola di Bari e sono la fiorente creatura di Gianvito Pietanza (chitarra solista) e Vincenzo Dalessio (batteria, cori) già sodali in scorribande punk77  e di Antonella Martino (basso) ed Emanuele Pesce (chitarra e voce) che completano un organico,  purtroppo, subito decurtato dalla dipartita di questi ultimi due. In attesa di ricompattarsi, fanno uscire in questo inizio 2012  un primo omonimo mini EP autoprodotto di soli quattro brani, tre originali e una cover, nato dall’esigenza di partorire qualcosa di proprio anche in  povertà di mezzi, spinti da un entusiasmo tipico giovanile (i ragazzi sono tutti poco più che ventenni) e favoriti da un sano dilettantismo che ben si confà con la causa garage da loro sposata. 

 

Causa che porta i nostri a misurarsi con i classici del genere e a tuffarsi ad occhi chiusi nel mare magnum del revival, un amore cieco e autodidatta che abbraccia i Sonics quanto certo beat italiano, i Beatles quanto gli Stooges, fino ad arrivare a Ty Segall e i Black Lips dei giorni nostri. Ed è proprio all’handclapping e ai coretti del beat che si affida l’iniziale The Chop, incalzante e travolgente, vanta un  refrain micidiale. Chiaro l’omaggio alla nota compilation “Nuggets”, indiscussa Bibbia per gli adepti del rock’n'roll piu frenetico e scoppiettante. A un certo indie rock americano melodico e frammentario si rifanno invece  le più convenzionali Red Eyes e Night Lovers che, se da un lato si  apprezzano per l’ottimo arrangiamento (i ragazzi sono molto bravi in questo) e per i ritornelli coinvolgenti, dall’altro sono penalizzate da una registrazione mediocre ed eccessivamente pulita, con le voci sempre troppo alte che vanno ad appiattire e a rovinare quelli che potenzialmente potevano esser i due pezzi migliori. 

 

Proprio per questo la sgangherata e straniata rivisitazione di It Feels Alright dei Black Lips si fa preferire, non accusando piu di tanto le carenze in studio di cui sopra. Le voci stralunate che si rincorrono e il tocco surreale e grottesco dell’adattamento, aggiungono fascino e mistero all’originale, evocando i famosi stornelli folk barrettiani. Con il consiglio di alzare di più il tiro e sporcare ulteriormente i brani in futuro, auguriamo a questa ‘ranocchia psichedelica’ di venir baciata e aiutata da una figura più professionale in fase di mixaggio, di ritrovare al più presto una nuova stabilità e una maturità in forza di un linguaggio personale maggiormente ricercato e originale. Nel frattempo il biglietto da visita presentato indica una già buona cifra stilistica, che lascia ben sperare. 

 

Antonio De Luca

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