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7 Marzo 2014

Bad Apple Sons MY DEAR NO FEAR

2014 - Chic Paguro
[Uscita: 07/03/2014]

bad-apple-sons-musica-my-dear-no-fearNell'anno 2014 si può tranquillamente affermare che ormai nell'universo rock tutto è stato detto e fatto, con infinita saggezza. Uno sguardo indietro e ci accorgiamo che a ridosso dei due decenni fondamentali, i sessanta ed i settanta, soltanto negli eighties si è assistito con new wave, industrial e post punk a qualcosa di ancora autentico e stuzzicante a livello di innovazione. Già allora però si tirava a riciclare, se pensiamo al garage punk e la neo psichedelia, negli States nota anche come Paisley Underground, che pur con egregi risultati riproponevano sonorità già note venti anni prima. Dagli anni 90 ad adesso è stata una lenta discesa creativa alla ricerca dell'originalità zero, ovvero validi artisti e formazioni ma troppo derivativi per essere considerate geniali. Si rifà il punk, ancora la psichedelia, si ricicla persino il grunge o lo stoner che già di per sè non erano originalissimi ed ultimamente la new wave. I fiorentini Bad Apple Sons appartengono proprio a quella categoria che trenta anni fa avremmo chiamato post punk, quella con tanti fedeli seguaci vestiti tutti uguali, nero d'obbligo con qualsiasi temperatura e periodo dell'anno. Per loro quella stagione lì sembra non essere mai finita, quei tempi gloriosi nei quali Firenze era la capitale rock, o perlomeno così veniva chiamata, forte dei vari Neon, Pankow ma soprattutto Diaframma ed i grandi Litfiba di Pelù e Renzulli, l'unico gruppo davvero di livello internazionale uscito dalla nostra penisola, relativamente a quel particolare filone musicale. Il genere new wave o post punk a differenza di psichedelia, hard o folk rock appare figlio della sua epoca e riascoltare quelle sonorità adesso appare un tantino fuori tempo. Anche dischi internazionale di buona fattura ed estrema godibilità come "Calendar" dei Motorama e l'esordio delle strombazzate Savages appaiono poco più che ottimi esercizi calligrafici. Era stata la lodevole A Buzz Supreme a prendere i Bad Apple Sons fra le sue braccia e distribuire l'acerbo ed omonimo debutto del 2010 che proponeva dieci tracce con qualche spruzzata di Nick Cave, vedi The claim, Take this moral tea ma pure echi dei Bauhuas di Bela Lugosi's dead  con qualche abbozzo di sperimentalismo in The cutter. Esordio apprezzabile ma niente di clamoroso né particolarmente originale a dirla tutta.

 

bad-apple-sons-FOTO-di-saman-sadeghiEra lecito pensare che dopo 4 lunghi anni le cose fossero cambiate e che i quattro fiorentini avessero sviluppato qualcosa di più personale ma la speranza è caduta invano e senza possibilità di smentita. A poco è servito l'aiuto in sala di registrazione di Paolo Mauri, che si occupò della produzione dei sopravvalutati Afterhours nel primo periodo del gruppo, per risollevare un disco, questo "My dear no fear",  che appare debole e privo di idee fin dopo pochi ascolti. Per chi si accosta per la prima volta al gruppo ed a questo disco non traggano in inganno il nome impresso e la bella copertina, che potrebbero ricordare qualche oscura ristampa di psichedelia anni sessanta. Qui dentro di cose acide non ce ne sono affatto. In questa nuova fatica targata 2014 sono sparite le inclinazioni vocali Cave-ane ma non per questo si tratta di un passo avanti. Qui sono le buone canzoni che mancano, i cosiddetti pezzi forti, d'impatto, quelli che elevano una formazione sopra lo standard medio della marea impetuosa dell'oceano indipendente italiano. Prendete Tempest Party, scelto come pezzo per il primo video,  poteva andare bene negli anni ottanta ma pure lì, complice il cantato in inglese,  si sarebbe confuso con migliaia di produzioni similari. Lo stesso che si ascolta nella title track, My dear no fear e The Holliest. Anche in questo secondo lavoro dei fiorentini è presente la long track, Ascend che supera gli otto minuti ma che si trascina stancamente senza colpo ferire. Troviamo ritmi incalzanti e serrati lungo diverse tracce, citare gente come Mekons od i Gang of Four qui appare un eresia, ma quella che è la vera nota negativa del disco è la voce fin troppo in primo piano ed invadente, che lascia poco spazio a divagazioni strumentali ed uniformizza e rende piatto e monotono il suono d'insieme. L'unico  barlume di speranza la regala la finale Stop shakin' rope che quantomeno ha una sua struttura da canzone compiuta e forse perché la sola che si rifà in parte alle sonorità dell'esordio. Un disco questo che, pur non essendo particolarmente brillante,  non inficia le buone intenzioni del neonato progetto Chic Paguro, un collettivo artistico che riunisce diversi personaggi dell'area fiorentina/toscana quali gli Unepassante della bravissima Giulia Sarno, i favolosi King of the Opera e pure Kill the nice guys ed i Tribuna Ludu. My dear no fear  è in conclusione un album che volge il suo sguardo verso un passato che forse era meglio non far risorgere e lasciare nell’oblio.

 

Voto: 5.5/10
Ricardo Martillos

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