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9 Marzo 2013

Angus Mc Og ARNAUT

2013 - Autoprodotto/Audioglobe/Unomundo
[Uscita: 15/02/2013]

Angus Mc Og “ARNAUT” (15 febbraio 2013 Autoprodotto/Audioglobe/UnomundoIl nome non inganni: Angus Mc Og non è un folksinger scozzese ma una band italianissima. Però lo scherzo potrebbe riuscire benissimo: il gruppo sceglie la lingua di Shakespeare, molto più adatta per il proprio folk rock, composto sulla scia di gruppi culto come Okkervil River e Decemberists. La line up del gruppo comprende Antonio Tavoni, chitarra, voce e organo, Lucio Pedrazzi batteria, Daniele Rossi violoncello e banjo, tastiere, ospiti Enrico Pasini tromba e flicorno, Daniele Cristiani piano. Dopo il debutto di due anni fa, “Anorak” (disponibile in free download sul sito del gruppo linkato a piè pagina), ecco il nuovo “Arnaut”, dedicato ad Arnaut Daniel, trovatore francese già cantato da Dante e T.S. Eliot. Il brano iniziale funge da manifesto del gruppo: si intitola Siddharta, come l'immortale classico di Hesse: violoncello, chitarre arpeggiate e percussioni ci portano in un mondo fatato lontano dall'attualità. Non che manchino momenti più acidi, come in The fire sermon, quando le chitarre si inspessiscono e dialogano coi fiati, o nel finale di Never again oppure quando la batteria si fa più incalzante, vedi Fisher king (on the 7.40 train) o Wasted, ma in generale l'impronta fondamentale del disco è quella acustica, tra gli strumenti a dominare è il violoncello, le cui parti sono molto ben scritte, e la tromba, quando appare, contribuisce a costruire un'atmosfera medioevale. 

 

Originale l'uso dell'harmonium, che innerva l'intro di The fire sermon e di The morning tale di sonorità arcane. The coal song ci porta invece in oriente (o nella California del 1967).  Non ci si sottrae a influssi beatlesiani, in certe progressioni armoniche o nelle armonie vocali, ma non è un difetto dato che sono presenti in metà della storia del rock. I testi, riportati - cosa sempre più rara al giorno d'oggi - nel libretto, sono introspettivi e manifestano il disagio dell'uomo dotato di profondità in un mondo popolato dalla confusione: prendiamo per esempio questi versi: «wondering how it could be back home while days of confusion spin their dwindling rope» da Siddharta, oppure «he looks like a wounded hobo, from a coloured glass, as pockets were a womb for a fire on the tracks», da Fisher king. L'autore di testi e musiche Antonio Tavoni lavora oltre che sulla costruzione dell'immagine sul suono delle parole e sull'allitterazione. Per concludere, un disco molto piacevole che mostra la ricchezza, se non altro per varietà di proposte e professionalità, dell'attuale panorama italiano. Non è musica che si possa caratterizzare come tipicamente italiana, tutt'altro; ma nel terzo millennio avanzato ormai tutti i linguaggi sono universali. 

Voto: 7.5/10
Alfredo Sgarlato

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