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13 Giugno 2016 , ,

Bonnie Raitt DIG IN DEEP

2016 - Redwing Records
[Uscita: 26/02/2016]

Stati Uniti  #consigliatodadistorsioni     

 

bonnie CoverCol tempo si migliora. Guardando la copertina dell’ultimo album di Bonnie Raitt, Dig In Deep, pare che col tempo la sessantaseienne artista californiana sia migliorata; è, come si suol dire, più interessante: una frezza bianca s’è infrattata nel folto della sua rossa criniera e un look sbarazzino dà un’aria intrigante ad un’artista che abbiamo sempre apprezzato per la voce e per la bravura, non certo per il fascino muliebre...  Brava, in ogni caso, Bonnie continua ad esserlo, lo dimostra in questa produzione discografica che definiremmo indipendente, visto che la Redwing Records è la sua personale etichetta, se la “Rossa” non fosse da oltre un quarantennio un’artista di primissimo piano, di quelle che possono essere considerate un importante capitolo di storia musicale. Se poi ad una voce straordinaria e dotata di colori smaglianti, ad una capacità di usare al meglio le corde della sua chitarra, al carisma interpretativo, la ragazza aggiunge anche una buona dose di glamour, non guasta. 

 

Perché in questo Dig In Deep Bonnie è glamourus, sia quando affronta la dimensione soul di brani come I Knew e If You Need Somebody, sia quando si cimenta con ottimi risultati in cover di pezzi presi in prestito: I Need You Tonight, lanciato nel 1987 dagli Inxs, è un trascinante rock reso con grande personalità anche dall’apporto di Mike Finnigan all’organo -images-uploads-gallery-bonnieraitt-3Hammond; Shakin’ Shakin’ Shake, mutuato dal repertorio di Los Lobos, è un rockabilly in un irresistibile stile anni Cinquanta nel quale la voce e la slide-guitar della Raitt da una parte e il possente drumming di Ricky Fataar -batterista di scuola beachboysiana formatosi alla corte di Brian Wilson- dall’altra, fanno a gara a chi fa meglio e finiscono in parità. Un funky energico, e per certi aspetti energetico è Unintendet Conseguence Of Love, che lei stessa ha scritto con il pianista Jon ClearyIn Gipsy In Me il piglio e l’aggressività dell’artista, in un dialogo raittcon il chitarrista George Marinelli, la fa assimilare ad una specie di sexy bomb, mentre le atmosfere rarefatte delle gradevolissime ballad The Ones We Couldn’t Be, la struggente Undone e You’ve Changed My Mind, scritta con Lee Henry, ci fanno entrare nel territorio di un pop raffinatissimo e di alta scuola e rappresentano una prova interpretativa di gran lusso. Nel complesso si tratta di un album di ottima qualità.

Qualcuno obietterà, ne siamo certi, considerando magari superate alcune delle istanze da cui prende le mosse l’album, ma riteniamo che la dimensione storica che sta alla base di tutto sia una sorta di valore aggiunto: Bonnie e i suoi ragazzi reinterpretano e quindi sublimano una musica già ampiamente collaudata e che dimostra di poter resistere ai cambiamenti. A ricavarne beneficio sono le nostre orecchie e la nostra mente.

Voto: 8/10
Nello Pappalardo

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