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10 Ottobre 2018 , ,

Eric Church DESPERATE MAN

2018 - EMI Records Nashville
[Uscita: 05/10/2018]

Stati Uniti   

 

51NEgGoXvxL._SS500Sembrano risuonare le oscure note di Tom Waits, alla svolta successiva gli accordi ariosi di Damien Rice, all’altra ancora echeggia il più robusto folk statunitense, forte e teso come una corda di canapa che stringe al collo. Tutto questo in The Snake, la prima traccia che raccontando di due serpenti che non sanno che forma assumere metaforizzano la situazione attuale della politica Usa: ma è un po' il riassunto tematico del nuovo disco di Eric Church, di cui non sentivamo nulla dal 2015 (anno di uscita del suo gioiello “Mr. Misunderstood”) e che si ripresenta da un album annunciato d’estate con Desperate Man, la title track. La sua latitanza triennale era stata definita da lui stesso, in un’intervista su Rolling Stone, dicendo “I was a little lost for a while”; ed è sempre Church a ribadire il concetto, dicendo nella strofa d’apertura del brano apripista “I’ve walked glass, barefooted, strolled ‘cross the devil’s hot coat”, e ancora “No more last chances, You got no future at all”. come se il titolo dell’intero CD non dicesse abbastanza: insomma, è chiaro che Eric abbia attraversato un periodo non particolarmente facile. 

Ma, fortunatamente per lui e per chi ascolta, attraversare il dolore ha portato ad una catarsi artistica dalla quale esce fuori questo “Desperate Man, piccolo capolavoro nashvilliano che si riallaccia al classico racconto di Hubbard dove un indovino, interrogato da un uomo su quale fosse il suo futuro, rispondeva che non ne vedeva alcuno. Ma come si diceva in apertura, Church guarda al EC_JP-1_HIres_WEBedit-1-906x680“classico” e al “moderno”, riassumendo splendidamente le sue ispirazioni e incanalandole in canzoni preziose: che risentono di una chiara influenza Seventies, tra groove blues e riff di chitarra semplici e stratificatissimi nella loro semplicità. Dopo The Snake, bellissima Monsters: che si apre con un coro a cappella per poi risolversi con deliziosi dettagli di scrittura. Chitarra funky e batteria pesante invece per la chiusura con Drowning Man. Eric costruisce un’opera che crea tensione emotiva, ma sa bene dove alleggerirla con spinte più morbide e tracce dal respiro più aperto. Jingle che sembrano weird, strani al primo ascolto; ma che al quarto o al quinto ormai risuonano nella testa senza scampo, pronti per non andare via. Altro che futuro assente.   

 

Voto: 8/10
GianLorenzo Franzì

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