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2 Giugno 2014

The Pains Of Being Pure At Heart DAYS OF ABANDON

2014 - Fierce Panda/Yebo music
[Uscita: 02/06/2014]

days-of-abandonSenti l’estate che torna cantavano le Orme. E con l’estate può venire la voglia di ascoltare musica pop, ovvero di belle canzoni senza pretese. Per esempio quelle di The Pains Of Being Pure At Heart, gruppo che già dal nome si propone come capofila del pop detto da cameretta, cioè quello destinato ad adolescenti malinconici vittime delle delusioni in amore, filone di cui gli Smiths sono stati  gli antesignani e Belle and Sebastian gli esponenti più validi. Sono newyorchesi, il leader Kip Berman ha fatto la gavetta a Portland, paradiso dell’indie rock (città dove gruppi e fanzines hanno finanziamenti pubblici, caso pensiamo unico in America e non solo), ma la musica è inglese che più inglese non si può, anzi la situeremmo tra Manchester e Glasgow, basandoci sul confronto tra le loro sonorità e  stile di scrittura e quelli di chi l’ha preceduti. Un’ombra di Cure, un vago sentore di My Bloody Valentine, tante chitarre, voce maschile e femminile che si alternano, ritmi sostenuti ma un po’ di malinconia. Tipico esempio di gruppo che non inventa nulla, sa un po’ di già sentito eppure proprio per questo sa piacere. Nessuna canzone è la nuova Making plans for nigel o Like Dylan in the movies, ma ciò non impedisce loro  di lasciarsi ascoltare con divertimento. Rispetto al precedente lavoro “Belong” questo disco ci sembra meno incisivo, ma comunque riuscito. Quello era più intriso di chitarre saturate di effetti (vedi i Delgados di “Peloton”), questo addirittura apre con un brano, Art smock, con chitarra acustica, pianoforte e glockenspiel a creare un’atmosfera romantica. I brani seguenti si fanno più ritmati, con Kelly, affidata alla voce della nuova entrata Jen Goma (dagli A sunny day in Glasgow) che ha un tempo soul saltellante da hit delle Supremes. Until the sun esplodes, scelta come secondo singolo è un perfetto compendio di pop nostalgico, il recensore cinquantenne si commuove un pochino nel risentire sonorità, specie delle chitarre, e linee melodiche tipiche della sua generazione. E un gruppo che intitola una canzone Masokissed non può che avere tutta la nostra stima. Lo ribadiamo, questo disco non è un capolavoro e The pains of being pure at heart non saranno the “next big thing” su cui le fanzines e i siti internet “hipster” lanceranno peana paragonabili solo a quelli che i giornali italiani dedicano ai leader politici. Ma sanno scrivere canzoni e questo è quello che conta, se si ama la musica pop.  

Voto: 7/10
Alfredo Sgarlato

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