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24 Settembre 2018 ,

Willie Nile CHILDREN OF PARADISE

2018 - River House Records
[Uscita: 27/07/2018]

Stati Uniti   #consigliatodadistorsioni     

 

61RQYhSnC0L._SS500Il vecchio Willie Nile, fresco settantenne, è uno che ci crede, che non smette di fidarsi del sogno che il rock and roll ha messo sulla sua strada, sin da quell’omonimo esordio del 1980, affidato a una copertina che ne descriveva la vita precedente in uno scatto, contenente quella Vagabond Moon che l’avrebbe rivelato al mondo, all’epoca attento a questo genere di losers. Il ragazzo di Buffalo, giunto a New York armato di chitarra e legittime ambizioni, avrebbe poi incontrato varie difficoltà contrattuali che ne avrebbero interrotto più volte una carriera miracolosamente integra sotto il profilo artistico: ad ogni ripresa si stentava a credere fossero trascorsi tutti quegli anni dalla fase precedente. Ma il Nostro non si è mai perso d’animo e, a partire da “Streets Of New York” (2006), ha trovato finalmente quella continuità che gli permette di pubblicare dischi a ritmo sostenuto.

 

Dopo tanti album autografi, l’ultima fatica era un’intera raccolta di energiche riletture del songbook dylaniano, molto apprezzate dallo stesso Bob, ripasso che ha fornito ispirazione per questo “Children Of Paradise”, album battagliero, ricco di testi impegnati che descrivono la vita del Greenwich Village, i personaggi che popolano il quartiere nel quale Willie vive con Cristina Arrigoni, da 8 anni sua compagna e famosa fotografa, nileresponsabile delle foto che campeggiano in copertina (rivelatrici del suo stile, molto espressivo, che abbiamo imparato a conoscere in anni di splendidi scatti sotto i palchi e magnifici ritratti) e che ritroviamo nel video che promuove la title track. Nile ci porta nel mondo degli ultimi, dei reietti, e col consueto impegno denuncia le ingiustizie e canta il riscatto, la speranza che non può morire, la rassegnazione orgogliosa. “Ho piantato nel mio cuore i semi della rivoluzione, li annaffio con lacrime umane ogni giorno in cui non siamo insieme”: così si apre Seeds Of A Revolution, la canzone che inaugura questo racconto lungo dodici capitoli, ispirati e fieri come non ti attenderesti da un settantenne, ma l’uomo pare non risentire dell’età, canta con voce piena e convinta e la band lo sostiene egregiamente.

 

Oltre a Willie, al solito impegnato con chitarre e parti di piano, troviamo la solista di Matt Hogan, Jon Weber alla batteria e il consueto apporto di Johnny Pisano al basso, più i contributi di Stuart Smith e Andy Burton – chitarra e tastiere - e i cori di James Maddock, Leslie Mendelson e Frankie Lee). I suoni sono rock, potenti, molto seventies, perfetti per descrivere le atmosfere raccontate dai testi, con qualche DVGe0n-XkAAWCUYreminiscenza della new wave regina del CBGB’s (la tripletta che segue Seeds Of A Revolution: All Dressed Up And No Place To Go, Don’t, Earth Blues, ma anche I Defy) o più vicini al power pop (Children Of Paradise: nuova versione di un brano già presente su “Places I Have Never Been”, 1991, adatta  all’airplay radiofonico se solo fossimo in un mondo perfetto). Ma un musicista residente nella Grande Mela potrebbe mai scordare la lezione folk? Ed ecco allora comparire qua e là ballate sostenute da chitarre acustiche, con le elettriche a ricamare con licks appropriati (Gettin’ Ugly Out There, Have I Ever Told You, Lookin’ For Someone), per concludere con street songs del calibro di Secret Weapon o classici rock and roll (Rock’N’Roll Sister nella quale il CBGB’s viene citato, eccome). A chiudere il disco, la struggente All God’s Children. Un album straordinario.  

 

Voto: 8/10
Massimo Perolini

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