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31 Marzo 2015 , ,

Sufjan Stevens CARRIE & LOWELL

2015 - Asthmatic Kitty-Goodfellas
[Uscita: 31/03/2015]

USA   #consigliatodadistorsioni

 

sufjan stevens AKR099-CoverSufjan Stevens è uno dei più geniali e imprevedibili musicisti americani della più recente generazione, non ci sono dubbi. Ogni suo disco è parte di un progetto, spesso unico, magniloquente, rinnegato. Può incidere un concept album sull’oroscopo cinese come una serie di singoli a tema natalizio. Si è lanciato nel progetto di pubblicare cinquanta dischi dedicati ai cinquanta stati dell’Unione per poi inciderne solo due (uno dei quali, “Come on feel the Illinois”, per chi scrive è tra i dischi da salvare dal diluvio, tra quelli usciti nello scorso decennio). Poi aveva annunciato l’abbandono del disco nella sua forma classica (o fisica, come diciamo al giorno d’oggi) per intraprendere nuove strade. Ancora una volta si contraddice e spiazza. Torna ad incidere un disco, “Carrie & Lowell”, ed è un gran bel disco. Un disco acustico, dopo gli esperimenti elettronici di qualche anno fa: siamo dalle parti di “Seven swans”, il disco di canzoni a soggetto religioso inciso nel 2004. Questo è il disco più personale di Stevens: il tema è il rapporto con la madre. Carrie Stevens non ha mai vissuto col figlio, ha sofferto di alcolismo e psicosi, per poi morire di cancro nel 2012. Sufjan racconta come ha vissuto il distacco, gli ultimi giorni di vita della madre, il rapporto (positivo: è il cofondatore insieme al musicista dell’etichetta Asthamatic Kitty) col patrigno Lowell.

 

s stevensDa questo evento personale Stevens parte per riflettere sulla propria religiosità, che sappiamo dai dischi precedenti essere molto profonda, dove il cristianesimo si fonde con le Upanishad e il pensiero di Simone Weil. L’assenza, il vuoto, si fanno presenza, il musicista si interroga sul dolore e l’infelicità senza ovviamente arrivare a risposte definitive. Forse in una recensione si dovrebbe parlare solo di musica, non di religione o filosofia; ma in casi come questo non si può fare altrimenti: la dimensione personale, intima, spirituale dell’autore permea totalmente il suo lavoro, che anche musicalmente non avrebbe potuto essere stato concepito diversamente da così. È un disco di canzoni fragili, sussurrate, spesso accompagnate per la gran parte da un solo strumento, banjo, o piano. E sono canzoni bellissime. Segnalarne una o un’altra, farne un’analisi al microscopio, sarebbe inutile, è un disco che va ascoltato nella sua totalità, come fosse una sinfonia o un film sonoro. Malgrado le canzoni abbiano arrangiamenti minimali, molti musicisti accompagnano Sufjan Stevens in quest’esperienza; tra loro spicca il nome di Laura Veirs, cantautrice talentuosa pure lei e non conosciuta quanto meriterebbe. 

 

 

Voto: 8.5/10
Alfredo Sgarlato

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