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14 Giugno 2013 , ,

Soft Machine Legacy Burden Of Proof

2013 - Cherry Red Records/Esoteric Antenna Recordings/MoonJune Records
[Uscita: 25 /03/2013]

Soft-Machine-LegacyRiprendiamo il discorso sui Soft Machine Legacy esattamente da dove l’avevamo interrotto: la recensione del loro valido “Live Adventures” uscito tre anni fa, nel 2010, per la coraggiosa MoonJune Records, gestita da un nostro connazionale trapiantato in USA, Leonardo Pavkovic. Qui in calce troverete il suddetto articolo più la storia discografica Moon June R. della filiazione Legacy, denominazione aggiunta nel 2002 al momento della reunion della storica sigla Soft Machine, il tutto all’interno di un approfondimento sull’etichetta di Pavkovic. Theo Travis (tenor sax, flute, fender rhodes piano), John Etheridge (electric guitar), John Marshall (drums and percussion) e Roy Babbington (bass guitar) a sei anni dall’unico lavoro in studio (“Steam” del 2007) tornano ad incidere, sempre sotto l’ala protettrice di Pavkovic e con l’assistenza tecnica di Beppe Crovella: un album per metà italiano, registrato a San Sebastiano da Po. Nel frattempo nel 2009 se ne è andato il grande bassista e compositore Hugh Hopper, uno dei pilastri dei Soft Machine, con loro sin dal 1969, anno in cui vide la luce il secondo album. Il suo posto nei S.M. Legacy è stato preso dal degno Roy Babbington: aveva suonato già con i S.M. dal 1973 al 1976, in lavori come “Seven” (1974). Questo nuovo “Burden Of Proof”, è una buona ora di musica composta da tutti e quattro gli artisti, soprattutto però da John Etheridge e Theo Travis: brani in bilico tra un jazz rock ossequioso delle fondamentali regole armoniche e melodiche e segmenti arditamente free e sperimentali, che rimane un po’ il target di base sul quale i quattro lavorano.

 

Ed è dove abbandonano i freni inibitori delle sette note e delle scale che si esprimono al meglio ed al massimo delle loro possibilità (Green Cubes, Voyage Beyond Seven, uno dei picchi di Burden Of Proof) sfruttando al massimo l’ecletticità disoft-machine-legacy Theo Travis, che brilla al flauto ed al fender rhodes piano forse più che al sax, disegnando preziosi arabeschi cromatici e dell’esorcista John Etheridge, che sfoggia come sempre audaci timbriche chitarristiche (Kitto), dalle più ortodosse e quiete a quelle elettriche più esasperate, anche se alla fine sono le prime quelle in cui eccelle e si esprime meglio. Sempre creativo e polimorfo, in perenne discreto movimento progressivo sotto ance e corde il drumming di John Marshall (Nucleus, Soft Machine), come dalla notte dei tempi, mai invadente anche in solitudine (JSP). Ipnotiche e sobrie  le sicure linee di basso dell’altro veterano, Roy Babbington. Che i quattro siano capaci di attraversare i mood più diversi piegandoli alla loro sensibilità è palese in Burden Of Proof, dal blues orgoglioso di Pie Chart ai canterburysmi armonici seducenti di Black And Crimson (senz’altro un momento topico del lavoro) ricca di un bellissimo tema melodico disegnato dal fender rhodes piano di Theo Travis, dalle cangianti fasi jazz rock della title-track alla jungla fitta di suoni esotici di Voyage Beyond Seven, in cui mente e sensi si perdono. I momenti meno interessanti e scontati sono quelli improntati ai classici botta-e-risposta  jazz rock tra la chitarra elettrica di Etheridge ed il sax tenore di Travis (Pump Room). Una bellissima sorpresa invece è la ripresa dell’arcana Kings And Queens, firmata Hugh Hopper, uno dei brani più epici ed emozionanti dei S.M. soft-machine-legacyclassici-storici Mike Ratledge, Hugh Hopper, Elton Dean Robert Wyatt; si trovava sul magnifico “Fourth” (1971). In questa rivisitazione il tema vibrante originario del sassofono dell’indimenticato Elton Dean è sostituito dal flauto delicato di Theo Travis, con un effetto finale molto più disteso e rilassante: a testimoniare un fil rouge che attraversa quattro e più decadi di uno dei capitoli più esaltanti della musica occidentale contemporanea. Burden Of Proof si apre e si conclude con le sonorità liquide ed amniotiche del fender rhodes di Theo Travis: Burden Of Proof e They Landed On A Hill, che fanno molto “Fifth” (1972) e “Six” (1973); vibrazioni perdute catturano, antichi ectoplasmi sonori riemergono alla mente, nulla si crea nulla si distrugge.

 

Voto: 7/10
Pasquale Boffoli

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