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28 Gennaio 2017

Emptyset BORDERS

2017 - Thrill Jockey Records
[Uscita: 27/01/2017]

Inghilterra-Germania

 

emptyset-borders-bigCi deve essere un nucleo arcaico nel ritmo, nella scansione percussiva che definisce il passaggio da uno stato ad un altro, così come avviene con le accelerazioni ed i rallentamenti del battito cardiaco che modificano gli equilibri del corpo. In questo senso il nuovo lavoro di James Ginzburg e Paul Purgas,Borders”, è del tutto in linea con quell’attitudine concettuale che ha ispirato tutta la produzione dei due artisti e che rappresenta un vero e proprio metodo di lavoro incentrato su una visione di ricerca e sperimentazione dell’interazione tra i suoni e l’ambiente. Che i nostri non abbiano mai avuto un approccio ortodosso alla musica lo dice il loro background: mentre James Ginzburg, oltre a gestire le etichette Subtext e Arc Light Editions, vanta una fitta serie di collaborazioni come producer, Paul Purgas ha lavorato con le Gallerie Tate Modern, Whitechapel e Serpentine e creato installazioni di musica elettronica all’interno di spazi non convenzionali.

Come Emptyset i due indagano in maniera ontologica il rapporto che intercorre tra il ritmo, la consistenza della materia che viene attraversata dal suono e lo spazio che ne veicola le vibrazioni, dando vita ad un esperimento di techno sensoriale. In Borders Ginzburg e emptyPurgas analizzano il concetto di suono per dissezionarlo come fosse un corpo posto su un tavolo autoptico, analizzandolo nelle sue fibre invisibili e spingendolo sino al limite estremo del suo spettro. L’album è stato registrato dal vivo durante una performance in cui è stato utilizzato un equipaggiamento digitale e analogico, strumenti tattili e percussivi, una batteria ed un cordofono modificato, a ciascuno dei quali è stata applicata una microfonazione finalizzata a catturare le più impercettibili vibrazioni e l’acustica di ritorno. L’effetto che si determina è quello di trasformare il suono in qualcosa di trascendentale e materico, facendogli assumere una colorazione oscura ed impenetrabile nel suo codice di reiterazione ossessiva.

Nell’opener Body risuonano membrane dalle frequenze distorte che sembrano catturare la voce di creature abissali, in Border la scansione ritmica declina il linguaggio di un raga post-industriale in zona Matmos, mentre i disturbanti rintocchi di Descent sono la sregolatezza di un rito orgiastico a cui Trent Reznor non disdegnerebbe di prendere parte. emptysetDa segnalare le nebbie disorientanti di Across, il riff di Speak, che ricorda lo sfarfallio del basso di Brian Gibson dei  Lightning Bolt, oppure il trituramento metallico di Axis. In chiusura, Dissolve si veste con un pesante pastrano elettrificato per diventare mefitico blues primordiale. Il principale limite di Borders è quello di fare parte di una sovrastruttura performativo-visiva senza la quale il semplice ascolto su disco non rende giustizia alle vibrazioni e alla consistenza di un suono creato come esperienza artistica totale la cui partecipazione diventa elemento essenziale. Pur prevalendo il versante cerebrale, vale la pena immergersi nei trenta minuti di un disco che sembra immaginato per descrivere l’imminente fine della storia dell’uomo.   

Voto: 7/10
Giuseppe Rapisarda

Audio

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