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26 Maggio 2018 ,

Beach House 7

2018 - Sub Pop-Bella Union
[Uscita: 11/05/2018]

Stati Uniti

 

Beach-House-7-LPQuello che il duo di Baltimora costruisce nei cinquanta minuti scarsi dell’ ultima settima fatica, intitolata semplicemente “7” ha il sapore della svolta che però non esaurisce una storia, ma la assume e riassume, superandola. Per farsi un’idea del tenore del salto proposto dai Beach House basterebbe ascoltare, anche senza troppa cura, Dark Spring, la prima traccia dell’album, per capire che qualcosa è successo, un evento palingenetico che ha trasformato le pulsazioni degli album precedenti in ritmo organizzato; le rarefazioni claustrofobiche in aperture spiazzanti. Il tutto con l’ausilio dall’ormai storico compagno di tour James Barone. Victoria Legrand e Alex Scally d’altra parte non hanno ormai alcun timore a spaziare dai riferimenti agli Slowdive, che ci sembrano espliciti a partire dal titolo di Dive ai più consueti suoni sognanti di Pay No Mind con la quale evidentemente e in senso letterale il duo paga i suoi debiti al genere nel quale sono cresciuti e del quale hanno contribuito a creare un profilo di rango. È dall’alto di questa posizione che Scally può permettersi schitarrate da falò in Lose Your Smile a sostenere la voce sbadata di Legrand che sembra quasi risvegliarsi tra le nuvole nel bel mezzo di un tappeto di delay e nostalgie.

 

Salvo poi scoprire che non è mai troppo tardi per impigliarsi in una stralunata attitudine romanticamente coquette esplicita nelle disavventure suicide sussurrate nel francese rispolverato de L’inconnue nel cui testo ritorna il numero sette (Seven ways/Eyes that bhshine/Silent skies/Show a way […] She who sways/She who spins/Seventh girl), come a segnalare anche all’ascoltatore più maleducatamente distratto che in fondo tutto si tiene; vi è una solidarietà segreta tra il tutto e le parti. Tuttavia accanto al rinnovamento esoterico i Beach House propongono anche una trasformazione più palese delle opzioni compositive passando per una struttura più possente che in passato, ottenuta con l’irrobustimento dell’elettrificazione in grado di restituire tonalità emotive meno sfumate che in passato, ma anche più profonde (Drunk in LA). A chiudere il cerchio il recupero autoreferenziale, scandito in chiave epica, della storia dei Beach House: Last Ride nei suoi sette minuti è una lunga cavalcata psych ricca di bh1suggestioni con cui si chiude sial disco che forse per sempre la militanza dei Beach House nel dream pop di stretta osservanza. La svolta è difficile da valutare anche perché 7 è, e vuole essere, un lavoro policromo la cui magniloquenza porterebbe a lasciare ogni porta aperta; anche quelle (che non bisognerebbe mai aprire) che in alcuni momenti lasciano intravedere la luce di una transizione esiziale dal dream pop ad un certo nuovissimo per nulla disprezzabile 'cream pop', musica estiva da leccare come un cono gelato. 

 

Voto: 6,5/10
Luca Gori

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