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8 Marzo 2013 , ,

Popstrangers ANTIPODES

2013 - Carpack records/Goodfellas
[Uscita: 8/03/2013]

POPSTRANGERS, Antopides, Carpack records, Uscita 8/3/2013"Antipodes", esordio su lunga distanza del trio neozelandese Popstrangers (Joel Flyger, Adam Page e David Larson, strutturati nella classica line-up chitarra-basso-batteria) ha tutti i pregi e tutti i difetti degli album d'esordio. Se da un lato, infatti, la freschezza "giovane" consente loro di portare a casa una serie di pezzi asserragliati con vigore dietro un onesto muro di suono di marca garage, con rimandi (post)-shoegaze, post-punk e wave, dall'altro proprio questa ansia da influenza infinita li porta molto spesso a non calibrare bene il tiro, come se la band fosse ancora alla ricerca di quel suono, di quella ispirazione personale, che –  almeno in questa prima prova – non riesce ad emergere in maniera sicura e precisa. All’ascolto si ha come l’impressione che la band stia ancora cercando se stessa, impelagata in una esplorazione basilare ferma al sondaggio delle proprie potenzialità (che pur ci sono), e quindi al di là, e forse anche prima, della ricerca di un vero e proprio sound. Il disco è pervaso da una sorta di urgenza (il che è anche buono) che vuole inglobare molto spesso tutto e il contrario di tutto, per cui sulla base garage-pop (suonato con una sensibilità "obliqua" e un certo gusto low-fi che si rivela a tratti davvero interessante) s'innestano una serie di richiami, rimandi ed echi che portano la band spesso e volentieri ad uscir fuori dal seminato.

 

I vari innesti dark wave, post punk, addirittura brit-pop, invece di arricchire il disco non fanno altro che confondere le (poche) idee buone di un lavoro che, sulla carta, poteva essere assai migliore di come s'è poi concretizzato (sembra a tratti di sentire una copia stanca e poco ispirata dei Fugazi, mescolati ai Cure, ai My Bloody Valentine o ai Blonde Redhead del primo periodo, quando erano ancora sotto l’ala protettrice della gioventù sonica). Alla fin fine il disco scorre, si lascia ascoltare dalla prima all'ultima traccia; ma noi ci permettiamo di pretendere di più. Dopo ripetuti ascolti, infatti, il procedere della scaletta non lascia nulla, scorre nella sua immediata limpidezza, senza "sporcare" le orecchie di chi ascolta, senza lasciare sedimenti (magari anche detriti, perché no) o spunti che titillino profondamente i sensi dell’ascoltatore. Un disco che parte innocuo e rimane su quelle posizioni, che resta lì dove era partito, e va ad ingrossare le (peraltro già affollatissime) schiere di quelle band che, per parafrasare il poeta, "suonarono senza infamia e senza lode".

Voto: 5.5/10
Luca Verrelli

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