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7 Dicembre 2012 ,

Dakota Suite AN ALMOST SILENT LIFE

2012 - Glitterhouse Records
[Uscita: 16/11/2012]

Dakota Suite: AN ALMOST SILENT LIFE  -2012-  GlitterhouseIl settimo lavoro dei Dakota Suite coincide con un approccio di spiccato intimismo, assai più che nei loro precedenti dischi, il tono dolente della voce di Chris Hooson assurge a mera lamentazione, nello stile del personaggio, che del dolore esistenziale e della “geremiade” musicale ha fatto il suo stigma contraddistintivo. Non privo, tuttavia, di una marcata inclinazione alla fascinazione lirica e all’istinto poetico, filtrati sapientemente dall’impianto melodico ai limiti del sussurro armonico e dalla struttura musicale scarnificata sino all’osso. Un lavoro che rassomiglia i Dakota Suite a gruppi che del cosiddetto sadcore  fanno il loro emblema artistico: Tindersticks e Xiu Xiu in primissima istanza. Sin dalla prima delle complessive tredici tracce, infatti, I See Your Tears, il Nostro declina morbide e melanconiche linee vocali, degnamente coadiuvato dal prode David Buxton, al basso. Chitarra acustica e piano s’intersecano lungo la struttura sonora del disco, sino a creare un soffice tappeto di note, appena tarsiato dalla voce di Chris dirupante in abissi di dimessa luce crepuscolare e in languide foreste  pluviali di melodie svanenti nell’indistinto.

 

Così, scorrono, in apparenza venate di trame monocordi e iterative all’eccesso, in realtà brucianti dei fuochi fatui dell’illusione e del pallore degli elementi vitali, brani come If You’Ve Never Had To Run Away, Last Flare From A Desperate Shipwreck, Everything  Flies, Lumen, I Recoiled So Violently I Almost Disappeared… La voce diviene appena un bisbiglio, come fiorente dal vuoto cono d’ombra d’una stanza toccata dal crepuscolo, in A Comfortable Lie, con gli accordi singhiozzanti della chitarra a far da basso continuo dell’imminente spegnimento di ogni fonte sonora, mentre Don’t Cry innesta sulla carne viva della voce note di piano e violoncello come piccole, dolorose braci . I Know Your Desolate Places, Top Rocker e, soprattutto, Without You, con il suo serpeggiare  entro la linea febbricosa di ferali tamburi tendenti al nulla, una gelida lama di pugnale affondata nel molle tessuto del tramonto, segnano il giusto limes di un disco che, se non passerà alla storia per originalità e grandezza, di certo fornisce suggestioni affascinanti a tutti i sognatori di penombre.

 

Rocco Sapuppo

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