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2 Marzo 2018 , ,

Keiji Haino + Sumac AMERICAN DOLLAR BILL-KEEP FACING SIDEWAYS, YOU’RE TOO HIDEOUS TO LOOK AT FACE ON

2018 - Thrill Jockey
[Uscita: 23/02/2018]

Giappone-Stati Uniti  

  

Haino_Sumac_CoverSe pensavate che i recenti incontri-scontri tra The Body e Full of Hell rappresentassero, nei piani dellaThrill Jockey, il massimo della cacofonia noise e della devianza sonora, questo meeting tra Keiji Haino, l’icona vivente della chitarra free-form ed un più giovane discepolo dal curriculum comunque impressionante come Aaron Turner  potrebbe elevare ulteriormente l’asticella. Il ring sono i Goksound studios di Tokyo. Il canovaccio è semplice: improvvisazione pura, libera, sfrenata. Ovvero: niente canovaccio. Con Haino ricondotto nel perimetro di un power trio d’elevatissima caratura – i Sumac - che ad oggi sono forse il supergruppo d’eccellenza della scena noise e post-metal, è addirittura troppo facile riportare la memoria ai fasti di lavori come “不失者” o “Gold Blood”, nel riflesso dei quali sguazza questo “American Dollar Bill”. 

 

0011774052_10Quattro brani, titoli improponibili come da prassi di Keiji. Lunghezze geologiche. Una trama che si ripete, con il Guru in nero a fare da battitore libero e conduttore aleatorio: flauto (imbarazzante), rumori, chitarra (per fortuna), voce indemoniata e recitante come una pizia nipponica in preda all’estasi mistica: insomma, non solo l’Haino percussionista minimale a cui siamo fin troppo assuefatti in anni recenti. E questo perché dietro di lui si agita, si tormenta, si divincola, spinge forte quella stessa band che col recente live “WFMU” ha ribadito il suo ultrapotere nel metal alternativo. E in un lavoro che diventa Haino_01teso, scenografico, elettrico, il Guru in nero Haino (foto a sinistra) deve montare la maschera infuocata che usa sul palco dei Nazoranai con Stephen O'Malley (Sunn O), quella con la quale è ancora in grado, a tratti, di calare l’asso del vortice assordante che spazza via tutto quanto attorno sé. Eppure trai fiordi di magma, ci sono pertugi in cui si insinua un’imprevista introspezione acidula e pigramente adagiata su giochi di eco (I'm Over 137% …), che preparano allo sfogo apocalittico di What have I Done? Pt.2. E il merito va ai Sumac, che con il loro panzer dissonante ma mai piattamente rumoristico, dimostrano di avere ben studiato da eredi dei Fushitsusha, in un album che almeno sarà tra i meglio reperibili nell’occulto catalogo del chitarrista giapponese. 

 

Voto: 7/10
Giovanni Capponcelli

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