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29 Novembre 2017 , ,

The World Is a Beautiful Place & I Am No Longer Afraid To Die ALWAYS FOREIGN

2017 - Epitaph Records
[Uscita: 29/09/2017]

Stati Uniti     #consigliatodadistorsioni

 

Nel 2015 i TWIABP uscivano con “Harmlessness”, summa di un apparato emo-core che attingeva da una stagione lontana e apparentemente rimossa, ma che è ancora in grado di fornire suggestioni ad alto tasso emotivo. Non è una novità che dagli anni novanta ad oggi l’onda lunga dell’emo-core non sia mai svanita, considerato che ha sempre attraversato il rock in forme più o meno dissimulate, combinandosi con il punk di nuova generazione o l’hardcore. C’è un nucleo di adolescenza dolorosa che si vuole cantare o, meglio, gridare a squarciagola per segnare il confine della propria unicità. E quando si comprende che il mondo può essere un posto bellissimo ci si riconcilia con se stessi, così come appare iscritto nella denominazione del collettivo proveniente dal Connecticut. Due anni dopo un album importante, la band dà alle stampe il nuovo lavoro “Always Foreign” in cui si percepisce una crescita a livello di scrittura, un maggiore senso della misura che conferisce una profondità alle canzoni. Se in “Harmlessness” tutto era tiratissimo, con una prevalenza dell’elemento punk, oggi i TWIABP, pur rimanendo coerenti con la propria natura, elaborano una via di uscita dall’adolescenza e dai suoi turbinosi sussulti, elaborando una formula indie ma più vicina alla triste coralità degli Arcade Fire di “Funeral” e con un gusto spiccato per le linee armoniche.

 

In “Always Foreign” la connessione con la dimensione emo-core passa attraverso l’osservazione della realtà e delle fratture scomposte dell’anima per ricondurre tutto ad una gioiosa resa alle incognite di cui è carico il destino di ognuno. L’opener I’ll Make Everithing trae linfa dagli Smashing Pumpkins con le fanfare degli Arcade Fire a rimarcare una mesta solennità, la successiva The Future è un punk in zona Green Day ma resa meno scontata da screziature indie, mentre Hilltopper ha una struttura emo con una repentina accelerazione sostenuta da una linea melodica estremamente a fuoco, grazie al drumming dell’ottimo Steven K Buttery. Il cuore batte più forte quando arriva Faker con le pulsazioni del basso di Joshua Cyr e un’esplosione improvvisa che illumina ogni spazio. Se For Robin è un accorato folk poggiato su un tempo valzer che lentamente assume consistenza fino a rasentare la sensibilità di Billy Corgan, Marine Tiger è uno dei brani più significativi e toccanti, centrato sul racconto di un vissuto reale di emarginazione e discriminazione. In chiusura, Infinite Steve si pone come lo straordinario suggello finale, così denso di cupi umori provenienti dalle sontuosità di “Mellon Collie and Infinite Sadness” e gli archi finali a Storm dei GY!BE. “Always Foreign” è un disco ricco e compiuto la cui forza risiede nella semplicità di una immediatezza che coinvolge sin da subito in un abbraccio sincero, senza sovrastrutture intellettualistiche. Se l’emo core ha ancora un futuro è grazie ad una band come questa.

Voto: 7,5/10
Giuseppe Rapisarda

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