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12 Novembre 2020 , ,

The End Allt Är Intet

2020 - RareNoise / Goodfellas
[Uscita: 13/11/2020]

Non tutto ciò che finisce porta al nulla, potrebbe essere una buona chiusa ad effetto per l’ennesimo ottimo lavoro degli instancabili sassofonisti Mats Gustafsson e Kjetil Møster, col progetto The End. La loro maschera nasconde sempre e solo altre maschere, al di là delle facili nietzschianate amatoriali, con le quali incoronare il loro personale manierismo postmoderno in salsa scandinava rosolato a fuoco pop, prima di essere servito lungo 41 minuti entusiasmanti. Non ci si aspettava tanto da un album il cui titolo suona in traduzione più o meno come Tutto o Niente, facendo forse il verso al più noto Aut Aut (Enten-Eller), e che si presenta come lo sviluppo di un percorso di ricerca avviato con l’uscita a marzo 2020 dell’EP “Nedresa”. Quasi sempre l’assolutizzazione estremizzante dei contenuti è un modo per farla franca a buon mercato, non qui, non nelle sei tracce di questo importante lavoro di sperimentazione non autoreferenziale. Che si sia in uno stato metastabile della produzione d’avanguardia è segnalato dalla scelta di aprire con It Hurts Me Too, una cover della cantante folk Karen Dalton, esaltata dalla vena struggente della voce nudissima di Sofia Jernberg la quale sottolinea ogni graffio esistenziale presente nel testo della Dalton, trasformandolo in unghie che si aggrappano a una lavagna. Sempre in bilico tra la malinconia per ciò che è stato e il rimpianto per ciò che non sarà i musicisti continuano a snocciolare omaggi infedeli come quello tributato in Dark Wish a un importante interprete della scena jazz scandinava, il pianista svedese Per Heinrich Wallin e quello dedicato in chiusura al sassofonista americano Dewey Redman del quale si propone una rivisitazione singhiozzante del brano Imani contenuto nel notissimo “The Ear Of The Behearer” pubblicato nel 1973. Ciò che sorprende nelle note proposte in “Allt Är Intet” è la costruzione melodica leggera e cupissima con la quale si incatena l’ascoltatore per poi pugnalarlo alle spalle con sincopi mozzafiato e arditezze armoniche nelle quali Møster e soci si dimenano regalandoci finalmente la selva ritmica di Intention And Release che lo stesso Gustafsson disegna come “uno dei pezzi più strani che abbia mai suonato in vita mia”. È in queste condizioni estreme che il batterista norvegese Børge Fjordheim dà il meglio di sé con una noncuranza da bullo del rullante che sconcerta per il disincanto tecnico con il quale affronta i rivoli ritmici prodotti da Kjetil Møster: il più metal tra i batteristi jazz e il più jazz tra i batteristi metal verrebbe da dire ascoltando le picconate assestate nella dolente marcia funebre per freak denominata Kråka. RördeSigAldrig Mer. In alcuni punti del disco, i più capricciosi e dolorosi, sembra di ascoltare altri luoghi e visitare altre note, esplorare altri ambienti musicali che condividono con The End la sola provenienza geografica. Particolarmente forte ci è sembrata la risonanza con la migliore musica scandinava estrema, dai mai troppo rimpianti 3rd And The Mortal di “Memoir” alla violenza strappacuore del doom più mortifero. Se non fosse chiaro, abbiamo apprezzato molto.

Voto: 9/10
Luca Gori

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