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28 Gennaio 2012

Terry Riley ALEPH

2012 - Tzadik
[Uscita: 31/01/2012]

Terry Riley: "Aleph"# Caldamente consigliato da DISTORSIONI

Sarebbe addirittura pleonastico se ci soffermassimo più del dovuto su ciò che Terry Riley ha rappresentato per i destini della musica d'avanguardia dell'ultimo mezzo secolo. Definirlo il “guru” della sperimentazione sonora, geniale innovatore di forme compositive, ispiratore e Maestro di miriadi di generazioni di compositori di musica “colta”, sarebbe ancora troppo poco. Certo è che il Nostro, classe 1935 è bene precisarlo, dalle mitologiche lande californiane, ha esportato il suo modello sonoro in tutto l'orbe terracqueo. Basterebbe citare solo alcuni dei suoi innumerevoli capolavori, quali, ad esempio: “A Rainbow In Curved Air”, “In C”, “Persian  Surgery Dervishes”, per aver contezza dei suoi geniali effluvi musicali. O enumerare le sue pregnanti collaborazioni con artisti di prodigioso livello: con John Cale, in “Church  Of Anthrax”,  con David Harrington e il suo Kronos Quartet, con Brian Eno, con Philip Glass.  Basterebbe citare il suo nume tutelare in fatto d'ispirazione, quel Karl-Heinz Stockhausen, padre di tutte le avanguardie del secondo Novecento.  O solo focalizzare l'attenzione, soprattutto dopo la svolta “orientale”, su quanti musicisti siano stati influenzati, direttamente o indirettamente da lui: un esempio per tutti, in ambito stilistico diametralmente opposto, il brano a lui dedicato da una delle rock-bands più grandi di ogni tempo, gli Who, Baba O'Riley, giusto per porre l'accento su quanta influenza Riley abbia avuto anche in settori compositivi situati agli antipodi rispetto al canone musicale da lui coltivato. 

 

L'opera che ci troviamo ora innanzi, è la virtuosa incisione, ad opera della meritoria Tzadik nel cui  magnifico  novero artistico figura quel folle genio di John Zorn, della trascrizione, ovviamente ed esemplarmente sintetizzata, di quei concerti che Riley, tra la fine degli anni '60 e l'inizio dei '70, ebbe a tenere a guisa di sessions di pura improvvisazione, e denominate, non a caso, All-Night Concerts, poiché dette performances si svolgevano in un arco temporale che andava dal tramonto all'alba.   Originariamente raccolti per confluire in un progetto denominato “Aleph-Bet Sound Project”, per il Museo Ebraico Contemporaneo di San Francisco, e concepiti per tastiere elettroniche e sassofoni registrati su nastro, ora, spogliati della primigenia destinazione, vengono incisi a beneficio quantomeno degli aficionados, tolti dagli archivi in cui, negletti, giacevano, in quasi due ore di morbido delirio sperimentale. In “Aleph”, il genio più puro e autentico del Maestro americano, rifulge in tutta la sua lucentezza timbrica e compositiva. Un lungo e ammaliante tappeto armonico tendente “taoisticamente” all'oblio, attraverso la nullificazione dell'Io, e quasi graficamente rappresentato dall'incedere mantrico delle tastiere e dagli inserti asimmetrici dei sassofoni pre-registrati, snodantesi in due parti che vanno a comporre il doppio Cd, della durata, rispettivamente, di circa 45 e 67 minuti. Cromatismi di pura annichilazione sonica che ora tornano a risplendere, grazie a Terry Riley,  dal cielo nitido dell'umana genialità, protesa, infaticabilmente e senza requie alcuna, alla ricerca iterativa della perfezione interiore. 

Rocco Sapuppo
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