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29 Dicembre 2013 ,

From Oceans to Autumn A PERFECT DAWN

2013 - Argonauta Records
[Uscita: 11/11/2013]

fromProgetto creato nell’estate del 2006 a Charlotte (North Carolina) da Brandon Helms (chitarre e synth, un passato negli Autumn Is Forever), From Oceans to Autumn è una creatura che propone un mix intrigante di post core, ambient atmosferica e sludge. Coadiuvato dagli amici Robert Knight (basso), Eddie Daniel (batteria) e Allen Knight (tastiere), Brandon è un compositore folgorato sulla via di Isis, Rosetta e Godspeed You! Black Emperor. Dopo i primi due dischi usciti tra il 2007 ed il 2012 (“Calmed by the Tide” e “Oath of Eternals”), uno split con gli inglesi Fire on the Horizon nel 2008 e gli EP “Return” (2012) e “Pareto Analysis Volume II: The Vital Few” (2013), “A Perfect Dawn” segna il terzo sigillo ufficiale sulla lunga distanza. Edito da Argonauta Records (in pista dal 2009 con formazioni quali Varego, Beneath the Storm e My Grande Finale), l’album presenta dieci brani in perfetto equilibrio tra ‘space metal’ e ‘heavy atmospheric droning’.  Se è vero che il moniker rispecchia bene l’idea sonora di base (Charlotte è anello di congiunzione tra l’Oceano Atlantico e i Blue Ridge Mountains dei Monti Appalachi), i From Oceans to Autumn commettono un peccato capitale: eccesso di devozione verso la materia trattata. Che per sua natura è ostile, perché il cosiddetto post metal strumentale – o heavy me(n)tal, chiamatelo come vi pare – produce band sempre meno originali. È questo il problema fondamentale di “A Perfect Dawn”. I riff, le ritmiche (il drumming bulimico che copre spesso e volentieri basso e chitarra è delittuoso), il groove malinconico e autunnale delle composizioni: tutto sa di già sentito. Concedono sussulti soltanto l’incedere solenne ed epico di Zenith, l’incanto liquido e visionario di Visible Light e la tetra psichedelia elettronica di The Absolute. Il resto procede stanco e privo di mordente, dalle programmatiche variazioni di Aurora alle stucchevoli dilatazioni progressive di Halo e Split Sky, giù fino alle telefonate distorsioni in slow motion di The Illusion of a Moving Sun e alle impalcature intricate e stagnanti di Faultless. 56 minuti e 19 secondi sono troppi persino per chi è cresciuto a pane, “Panopticon” e “The Galilean Satellites”. La scalata agli Appalachi è rimandata alla prossima puntata.

 

Voto: 5.5/10
Alessandro Zoppo

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