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12 Febbraio 2013

Zero Dark Thirty Kathryn Bigelow

2012 - USA

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Si può riuscire a realizzare un film d’azione che sia anche il fedele specchio di un’epoca e soprattutto di una mentalità? Kathryn Bigelow, ormai specialista nella rappresentazione delle guerre contemporanee ("The hurt locker"), col suo ultimo "Zero dark thirty" mette in scena un film ambiguo, che lancia uno sguardo obliquo sulla vicenda della caccia decennale al nemico pubblico numero uno Osama Bin Laden. Il risultato è una pellicola muscolosa, uno sfoggio di forza e di spietatezza, che però riesce ad avere meno peli sulla lingua di qualsiasi eventuale operazione analoga di marca prettamente radical o liberal. Un film, insomma, che scontenta sia i falchi che le colombe, patriottico eppure scomodo, apologia del potere politico statunitense eppure storia d'una sporca vendetta nazionale ma in fondo privata, guerra santa contro legge del taglione. Un film conservatore che non piace ai conservatori (perché "mostra" i panni sporchi, anche se non mostra il corpo di "Geronimo"), ma che fa imbufalire anche la critica e il pubblico liberal e radical (chic) che preferisce far finta che gli USA non abbiano tutti quei muscoli.

 

La trama politica si riduce ad una forma-thriller incentrata sulla figura di Maya (Jessica Chastain), agente della Cia la cui unica ragione di vita è stanare il capo di Al Quaeda; questa scelta se da un lato, con una operazione di reductio, riconduce una vicenda complessa dentro uno schema da cinema di genere (lasciando fuori le “ragioni” e i “torti” di una storia multiforme), dall’altro permette una rappresentazione diretta delle forze in gioco pur concentrandosi su un piccolo gruppo di personaggi. Il film non volta mai la testa di fronte all’immagine-limite (la tortura, ecc.), nella volontà, tutta cinematografica, di mostrarne il (contro) senso (ancora, dunque, contraddittorio), il suo rapporto col potere e i suoi limiti. Ancora, adottare la forma del thriller politico-psicologico, lasciando fuori zero-dark-thirty-2012l’inchiesta, si rivela scelta vincente e per nulla pavida o accondiscendente verso il potere (come pur è stato detto), perché questa opzione trasferisce la pura e semplice storia politica in una situazione codificata di caccia/inseguimento, messa in atto da un personaggio-simbolo (cinematografico) nei confronti di un altro personaggio-simbolo (extra-cinematografico, globale).

 

Zero dark thirty è un film che siede alla destra (politica) di Eastwood e riesce ad avere più forza, impatto e sguardo diretto di qualsiasi film engagè di matrice Redford/Clooney. La grandezza di questo film, cinema “puro” come sempre più di rado si vede in giro, sta proprio nello scontentare tutti, nel non essere allineabile, infilando in una rete di vasi comunicanti una serie di elementi che vanno dal patriottismo alla rappresentazione di un sistema che confonde la giustizia con la vendetta, dal femminismo all’ostentazione esasperata della forza “maschile” (di un esercito, di una nazione). Zero dark thirty ricostruisce una porzione di storia americana caratterizzata da una eterogeneità di elementi assolutamente sovrapposti e conviventi in un unico ambiente. C’è una grossa differenza tra questo film e il cinema politico americano che ormai ha trovato una codificazione classica.

 

La regista compie un’operazione che scansa una serie di contraddizioni legate alla rappresentazione di una vicenda del genere, evitando di sublimare idealisticamente e di deformare ciò per cui o ciò contro cui prende una posizione. D’altro canto, tentare un cinema politicamente corretto, nel tentativo di rappresentare eventi che hanno da tempo accantonato la correttezza, porta con sé il pericolo di cadere nel controsenso di voler “comprendere tutto”. Questo atteggiamento equivarrebbe  – anche se portato avanti in zero2maniera velata, o in buonissima fede – a “scusare tutto” e in ultima analisi a non voler prendere (apparentemente) una posizione, o ancor peggio ad agire secondo l’ormai superato mito dell’obiettività livellatrice. Zero dark thirty, scavalcando questo ostacolo ideologico/narrativo, portatore di una contraddizione in ultima analisi politica, riesce invece a concentrarsi su quelle contraddizioni interne che un cinema politicamente corretto vorrebbe eludere: punta anzi i riflettori su di esse, non nascondendo nulla (o quasi), lasciandosi alle spalle il problema dell’accontentare o dello scontentare questa o quella parte.

 

Questo spostamento del punto di vista consente una rappresentazione del processo in atto e di tutte le forze in esso realmente operanti, come ripresentarsi perenne delle sue contraddizioni di fondo. Questa obliquità del punto di vista offre infine la possibilità di rappresentare la crescente astrazione di uno stato di cose vissuto sempre più come una ricerca prima di tutto metafisica: una caccia all’uomo che diventa, da operazione politica e militare, vendetta morale di una nazione. Una volta raggiunto lo scopo vitale della protagonista (e della nazione) non si arriva però alla soluzione del problema (il superamento della piaga morale del 9/11) ma all’apertura di un nuovo baratro personale ed esistenziale (che non ci vuol molto a comprendere essere collettivo e condiviso: questo il senso dell’angosciante e bellissimo finale); un vuoto interiore che neanche l’annientamento simbolico del nemico (nuova balena bianca inseguita da un Achab formato esercito) riesce a colmare. E quella distensione che dovrebbe seguire lo scioglimento del climax emotivo scaturito dalla realizzazione dell’impresa titanica  rimarrà soltanto un lontano miraggio in un deserto prima di tutto emotivo. 

 

                                                LUCA  VERRELLI

 

 

NO

Con "Zero dark thirty"  Kathryn Bigelow, una delle migliori cineaste americane vuole raccontarci la storia vera di come l'intelligence (?) Usa dopo anni di ricerche sia arrivata alla verità ed alla scoperta di Osama Bin Laden, il famoso sceicco del terrore. Come specificato ad inizio proiezione il film si basa su fatti realmente accaduti e la Bigelow inkathrin bigelow teoria si sarebbe presa soltanto la libertà di spettacolarizzare il tutto. Costato, inutile dirlo, un enormità e girato in India e Pakistan ha creato non pochi problemi alla regista, accusata di mettere il naso in segreti di stato che tali dovevano rimanere. Già con il precedente, ottimo, The hurt locker, premiato dai giurati dell'Academy nel 2010, la 62enne regista aveva affrontato il discorso della guerra americana, quella volta in Iran,  affrontando il delicato compito degli artificieri yankees. Con quella pellicola si pensava che avesse esaurito il filone bellico ma a quanto pare lei era di avviso diverso proponendoci questo "Zero dark thirty"  di ben 157 interminabili minuti. 

 

Per colpire le facili emozioni del pubblico delle sale la storia vede come protagonista l'agente cia Maya, interpretata dalla modesta Jessica Chastain, a tratti indisponente. 'Zero dark thirty' indica l'ora susseguente alla mezzanotte, nel gergo militaresco la fascia oraria nella quale i blitz militari trovano terreno fertile. Il film inizialmente ha quantomeno l'onestà di mostrarci le torture subite dai prigionieri di guerra, cose già note al pubblico e forse per questo la Bigelow non ha avuto remore nel metterle in mostra. E' solo un flash di pochi minuti in quanto da lì in avanti l'agente super speciale inizierà la sua personale battaglia per stanare il perfido  Bin Laden, come se con la sua uccisione i problemi del mondo occidentale si risolvessero in un sola volta. Utopie e paranoie Usa. Il film si snoda stancamente - durissimo restare svegli ad un eventuale ultimo spettacolo - e per gradini ci mostra attentati terroristici a catena ai quali scamperà tra le altre la nostra amata eroina."Zero dark thirty"  manca pure di ritmo narrativo e spettacolarità, alquanto grave per un thriller di guerra.

 

 Zero Dark ThirtyE questo è abbastanza sorprendente perché la Bigelow in passato ci ha donato splendidi lavori quali "Blue steel" (1987), "Point Break" (1991) ed il fantascientifico "Strange days" (1995) nei quali l'azione e le scene spettacolari non mancavano di certo. Lo stesso blitz nella tana dei terroristi, che occupa la sospiratissima mezz'ora finale,  con il soldato usa che sussurra in maniera ridicola "Osama vieni fuori", non brilla certo per pathos e grandi riprese sceniche. Un' occasione persa. Quello che dà più fastidio è lo sfacciato ed irritante filo-americanismo della regista: nelle due ore e mezza di proiezione non ci si fanno o pongono proprio domande su chi sono i buoni ed i cattivi. Se uno ha la pelle scura ed è musulmano automaticamente è un terrorista, così si ha la coscienza a posto e si possono massacrare pure le donne o gli innocenti con la scusa della pace del mondo occidentale.

 

Gli Usa a tutt'oggi appoggiano e fomentano conflitti fantasma oltre a supportare  i massacri compiuti da Israele ed anche il premio Nobel Obama chiude un occhio, anzi proprio tutti e due; impossibile trattenere lo sdegno vedendo un film come questo. Ancor oggi rimane ancora tutta da dimostrare la sicura ed unica responsabilità  di Al Qaeda nei fatti dell'11 settembre, forti dubbi permangono infatti nel coinvolgimento della stessa Cia nelle dolorose stragi di quell'infausta giornata. Invece di perdere tempo e denaro per vedere questo polpettone a stelle e strisce dall'unica imparziale prospettiva - quella americana ovviamente - vi invito caldamente a recuperare 3-4 documentari che meglio spieganofilm-zero-dark-thirty l'avvenimento. Sto parlando degli italianissimi "11 settembre inganno globale" di Massimo Mazzucco (2006) e "Zero-inchiesta sull'11 settembre" di Fracassi e Trento (2007), oltre a  "Loose change" di Dylan Avery (2005-9) ed ovviamente  "Fahrenheit 9/11" del grande Michael Moore (2004). Si tratta di documentari nei quali la tesi cospirazionista prende decisamente corpo, ben supportata da preziose testimonianze. A voi poi il giudizio sul tutto.  Vi sconsiglio caldamente questa americanata dal titolo Zero Dark Thirty, pessimo e diseducativo cinema per davvero.

 

                                                   RICARDO  MARTILLOS

 

 

Luca Verrelli - Ricardo Martillos

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