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27 Novembre 2018

Un gigante del cinema italiano Bernardo Bertolucci

2018

Bernardo-Bertolucci-cinema--696x803                                1941 - 2018 

 

In pochi autori, all’interno della storia del cinema italiano, hanno saputo imporsi e diventare in breve delle figure così importanti, influenti e imponenti per chiunque volesse approcciarsi alla settima arte, sia come tecnico, sia come regista, sia come critico: Bernardo Bertolucci teorizzava che il cinema era un’estensione della vita e una profonda avventura dell’immaginario. E probabilmente in questo suo pensiero risiedeva la forza del suo mondo autoriale e insieme il motivo per cui la sua idea di cinema si fosse radicata così profondamente nel mezzo stesso.

 

LA STORIA

Bertolucci nasceva da padre poeta e critico letterario. Lo stesso genitore che, fin da subito dopo aver espresso passione per la realizzazione di corti, lo presentò a Pierpaolo Pasolini, che addirittura nel 1961 lo prese come assistente alla regia per il suo “Accattone”. L’anno dopo esordisce quindi lui stesso dietro la macchina da presa, con quel “La Commare Secca” a cui farà seguito “Prima Della Rivoluzione”, il film unnamed-1che gli regalò la notorietà. Da lì, una carriera nella quale è difficile individuare punti di svolta precisi o singoli capolavori, tanto è stata fitta di vere e proprie svolte letterarie-artistiche, che non solo hanno lasciato un segno nel cinema italiano, ma lo hanno di volta in volta preso per mano e accompagnato lungo i cambiamenti e la storia culturale, politica e sociale del paese. Tutta la sua giovinezza fu certo segnata dal forte rapporto con il padre Attilio, sempre all’interno però di un ambiente culturale privilegiato che lo portava in rapporto costante con gli intellettuali più stimolanti dell’epoca, dal citato Pasolini fino ad Alberto Moravia.

 

I FILM

Il Conformista”, “Ultimo Tango a Parigi”, “Novecento”; e poi “La Luna”, “La Tragedia DUn Uomo Ridicolo”, “La Strategia Del Ragno”, “The Dreamers”, "Il Tè Nel Deserto", "Io 51xFPW7ia7L._SY445_Ballo Da Sola", "Io e te": ora metafore storiche con taglio epico, ora lotte sociali attraverso le relazioni sessuali e sentimentali, i film di Bertolucci hanno spaziato dal dramma generazionale alla parabola politica, dal viaggio iniziatico al film di genere sempre innervato da pulsioni fortemente analitiche. Interiorità e soggettività, intimo e sociale: il cinema di Bertolucci intreccia mirabilmente opposti mentre costruisce stilemi, innova sul piano stilistico-formale, crea il cinema moderno, ma sempre e comunque e ostinatamente all’interno di un progetto cinematografico rigoroso. il cinema, per lui, doveva essere libero dai condizionamenti delle convenzioni mentre si apriva alla ricerca soprattutto sull’orizzonte narrativo, allargandosi così verso una figurazione visivo-dinamica particolarmente elaborata, sempre con un’attenzione estrema per la messa in scena. Tanto da essere accusato, a volte, di essere troppo estetizzante e compiaciuto dal punto di vista formale: è deswertosuccesso con “Piccolo Buddha” e con “Io Ballo Da Sola”, ma anche con quell’”Ultimo Imperatore” che gli è valso ben nove Oscar (tra cui quello alla regia). Bernardo Bertolucci sapeva come recuperare fondamenti istituzionali di grammatica e di lessico più tradizionali, declinandoli con una poetica e una visione che metteva in risalto, e anzi esaltava, le potenzialità implicite dell’innovazione, in un percorso creativo che ben si presta ad essere assimilato al passaggio dal cinema come scrittura a quello come figurazione, dalla narrazione della soggettività alla configurazione visiva del mondo. 

 

 

ULTIMO TANGO A PARIGI e NOVECENTO

“Prima Della Rivoluzione” è come un manifesto dei cineasti italiani degli anni Sessanta, dove confluiscono componenti stilistiche profondamente differenti legate però da una locandina-ultimo-tango-a-parigivisione del cinema fortemente identitaria e già salda e profonda come quella di Bernardo. Insostenibile leggerezza dell’essere e orizzonti di rivolta sociale; il senso profondo di angoscia esistenziale legato però ad un insopprimibile istinto alla rivoluzione sono i motori immobili che spingono in avanti tutte le sue opere. E poiché, come detto, è impossibile creare una hit-list dei migliori film, ci limitiamo qui ad accennare brevemente alla forza di due dei titoli più significativi: “Ultimo Tango a Parigi” e “Novecento”. Del primo si è scritto e detto probabilmente di tutto, tanto è ancora la forza evocativa (teorica, materica, psicologica) dell’opera: il film è di uno strazio esistenziale meraviglioso, unito ad un alone romantico infuso, con sottile intelligenza e incredibile magistero recitativo, da un Marlon Brando che lascia senza fiato.

 

Bertolucci stesso ha sempre affermato come la lente d’analisi privilegiata per quasi tutti i suoi lavori fosse la psicanalisi freudiana: ed è evidente in questo capolavoro assoluto dall’andamento disconnesso e ondivago, magmatico, dove i due personaggi si rincorrono e si specchiano uno nell’altro come due proiezioni dello stesso fantasma. Con questo film novecento locandinasi rompono le catene e i paletti di rappresentazione dell’eros sul grande schermo, che viene utilizzato per un viaggio allucinato e profondo all’interno della disperazione e della solitudine umana. D’altro canto “Novecento” è invece sulfureo e mesto, stridente e bozzettistico, mentre dispiega bandiere rosse e mette un punto fermo nella rappresentazione culturale di un intero paese. Un film forse rimosso, barocco e meraviglioso, da riscoprire: lotta di classe che Bertolucci rende struggente, cinema istintuale e rigoroso, che nasce rigoglioso su una frattura, ovvero la volontà del regista di mantenerlo vivo su un’utopia, quella di tenere insieme ideologie dell’immagine in aperta antitesi. È questo però il tratto più affascinante di questo film-monolite, raggelato nel tempo ma capace di sciogliersi ad ogni nuova (ri)lettura.                                                                                                                                                                                                        [G.F.] 

 

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Un classico del Novecento, forse l’espressione più audace del cinema italiano come potenziale macchina industriale, cosmopolita e internazionale. Sempre un passo indietro alla piena autorialità e uno avanti nella capacità di costruire un’epica del contemporaneo. Il bbertpiù “americano” dei nostri registi, potremmo definirlo il 'Rolling Stones' del cinema italiano. Nello stile viene di pensare al grande amico della band inglese, Martin Scorsese. Entrambi vengono da un’audace e personale indipendenza, capaci di dare l’assalto alla carrozza e produrre grandi opere spettacolari. La sua filmografia va presa tutta d’un pezzo, senza lasciare nulla, nella sua varietà sempre unica e perfettamente compiuta. Non lascia mai maglie aperte, sempre inconfutabile e luminescente. Questo è Bernardo Bertolucci, scomparso il 26 novembre 2018, all’età non così longeva di 77 anni, nella sua casa di Trastevere a Roma, provato da una lunga malattia.

 

Gli inizi con Pier Paolo Pasolini

paUna storia di poesia. Figlio del grande poeta Attilio Bertolucci, cresce nell’alveo della grande letteratura italiana. Intorno al padre si raccolgono Elsa Morante, Alberto Moravia, Enzo Siciliano e tanti altri. Lo stesso padre che avrà un ruolo determinante nel far uscire quel monumento dell’arte di tutti i tempi, anche lui figlio del poeta ArseniJ, Andrej Tarkovskij, dall’isolamento a cui lo aveva condannato il regime sovietico. A Bari, per la presentazione in anteprima del restauro di “Ultimo Tango a Parigi”, Bernardo Bertolucci ha raccontato come lui giovane figlio del grande poeta, abbia tenuto fuori dalla porta di casa Pier en13045Paolo Pasolini, venuto in visita al padre, temendo fosse un ladro. Sarà Pasolini infatti, a quel tempo da molti anni già sceneggiatore per molti registi italiani (Bolognini, Fellini e altri), a rubargli l’anima e portarselo come assistente sul set del suo primo film da regista “L’Accattone” (1961). Ed è sempre Pasolini a prestargli il primo soggetto del suo esordio e scrivere la sceneggiatura de “La commare secca” (1962). I due percorsi si separano e Bertolucci scrive e dirige “Prima della Rivoluzione” (1964) la cui protagonista Adriana Asti diventa anche la sua compagna.

 

Oltre a emergere con forza 01366201le sue tematiche più intime, descrivendo personaggi borghesi incapaci di prendere decisioni e governare la Storia, in questo periodo nascono anche sodalizi importanti che contribuiranno non poco a creare il suo marchio di fabbrica. Inizialmente legato a Roberto Perpignani, che nel 1970 monterà anche “La strategia del ragno”, durante la lavorazione de “Il Conformista” (1970), si affianca al montaggio Franco (detto Kim) Arcalli, che in seguito oltre a montare i suoi film scriverà con lui “Ultimo Tango a Parigi” e “Novecento”. I due montatori sono all’opposto per stile e intenzione, l’uno descrittivo e l’altro dinamico. Bertolucci riuscirà come pochi a fondere in una sua personale cifra queste diverse tensioni. Altre collaborazioni preziose sono Vittorio Storaro per la fotografia ed Ennio Morricone per le musiche. Molti vi hanno visto, di pari passo ai film di Marco Bellocchio, una 'nouvelle vague italiana', ma alla distanza attuale il suo cinema del primo decennio sembra più di prefigurare quello che sarà poi la Nuova Hollywood.

 

L’ultimo tango del ‘68

ultimotango-00 (1)Il ’68 e la nouvelle vague toccano con forza Bernardo Bertolucci, in specie con l’opera che nello scandalo gli ha regalato la massima notorietà, “Ultimo tango a Parigi”, dove riesce ad avere la star Marlon Brando e lo affianca all’alter ego di François Truffaut, Jean-Pierre Léaud, che non a caso interpreta un regista da caméra-stylo. Amante clandestino e passionale il primo e fidanzato distratto il secondo di Maria Schneider. A ben guardare quel ’68 è lo stesso che ricostruirà con uno dei suoi film da camera più riusciti, anni dopo, “The Dreamers”. Si tratta di un ’68 vissuto privatamente, stando alla finestra, come i personaggi chiusi in casa nella loro dimensione erotica. Se nell’uno predomina l’impulso di morte, nell’altro l’atto libertario e liberatorio non vuole essere meno distruttivo. La loro gioia è vissuta di riflesso, come riflessa è loro passione per il cinema.

 

4885L’impegno sembra comunque rimanere un pegno da pagare alla propria condizione privilegiata di classe. Film messo al rogo in Italia, con divieto per il regista di non poter godere per cinque anni dei propri diritti civili incluso il voto, Bertolucci risponde con un’opera monumentale, “Novecento” (1976). La Storia, da essere l’azione mancante ai suoi personaggi, a cui si sente accomunato per censo e lontano per formazione, diventa occasione di riscatto: non solo raccontarla, ma in qualche modo finalmente possederla. Quasi a volerne afferrare, se non definire, il movimento storico, che sia quello del movimento operaio italiano nelle campagne emiliane, con l’arrivo e poi la sconfitta del fascismo, o che sia la modernizzazione della Cina per opera del maoismo con “L’Ultimo Imperatore” (1987). Persino “Piccolo Buddha” (1993) tenta insieme alla religione di raccontare il ruolo che essa dovrebbe avere nello sviluppo dell’umanità.

 

Tragedie di uomini ridicoli

locandinaEppure il peso della Storia continuerà a cadere inesorabile sui personaggi di Bertolucci, alternando continuamente altre storie, più simili ai primi film. È il caso di Ugo Tognazzi in “La Tragedia di un uomo ridicolo” (1981), ma la ritroviamo anche negli occidentali incapaci di capire se sono dominatori o dominati con “Il tè nel deserto” (1990), o incapaci di essere genitori, perché sempre in fuga dalla responsabilità, come per “La Luna” (1979). Ultimo film dopo Novecento iniziato a montare da Kim Arcalli e il primo in cui lo sostituisce la sua allieva Gabriella Cristiani, perché venuto a mancare. I primi minuti del film sono una piccola perla, un omaggio a uno dei più grandi maestri del montaggio della storia del cinema mondiale. Suo era anche il soggetto del film, e vi si riconosce l’alta tensione erotica con il tema dell’incesto.

 

Io e te, piccolo è bello

l-assedio-10198_jpg_750x400_crop_q85C’è infine una dimensione in cui Bertolucci rasenta la perfezione, e non solo per maestria, ed è la dimensione piccola, intima, privata. Tra questi spicca un vero film completamente girato in un appartamento e nel portone, la strada appena fuori. È L’Assedio” del 1998, forse il suo film più fresco e giovanile. Di “The Dreamers” abbiamo già detto, e vale la pena ricordare il suo sguardo su Liv Tyler in “Io ballo da sola” (1996), a cui avrebbe fatto bene iorinunciare alla magnificenza di paesaggi e ambienti, e infine il suo più recente e purtroppo ultimo “Io e te” del 2012. Nella colonna sonora del film è contenuta anche una rara versione italiana del famoso brano di David Bowie Space Oddity, interpretata dallo stesso artista. 

 

Sarebbe un errore grave considerare questi film minori, sono gli ultimi, sono i più maturi, e sono i più distesi. Un ritrovato amore, una ritrovata serenità. Ci piace pensare che sia stato così.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           [A.A.D'A]                                                                                                                                                                                                                                             

Gianlorenzo Franzì - Angelo Amoroso D'Aragona

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