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19 Aprile 2012

The Artist Michel Hazanavicius

2011 - Francia

The ARTISTNon capirò mai i giurati dell'Academy, non che la cosa mi faccia perdere il sonno o cose simili, ma dopo decenni di premiazioni delle ambite statuette, riesco sempre a meravigliarmi o stupirmi del comportamento dei votanti, nemmeno si trattasse degli ottusi elettori italiani che da anni premiano governi bigotti e reazionari. Lo strombazzato "The Artist" di Michael Hazanavicius, parigino di 45 anni di origine lituana, non rientra  a mio avviso nella categoria dei buoni prodotti artistici e vado a spiegare il perché. Costato un enormità, 14 milioni di dollari, è stato inizialmente girato a colori, accelerato a 22 fotogrammi, poi ritoccato in bianco e nero, nel formato 4.3 vecchia maniera, rigorosamente muto ovviamente, tutto questo perché assomigliasse ad una pellicola degli anni venti e magari qualcuno con calma cominci a spiegarmi che nostalgia avevamo di quelle noiosissime pellicole, ma andiamo oltre.

 

La trama è di una banalità impressionante:  George Valentin, stella del cinema muto cade in disgrazia venendo anche  trascinato nella crisi della Grande Depressione del 29, ma la bella del caso, tal Peppy Miller ascesa alla gloria per merito dell'artista, lo salva dal suicidio come tutte le favole hollywoodiane esigono. Una storia trita e ritrita insomma, dopo mezz'ora di film si sa già come andrà a finire, non c'è una scena memorabile o che rimanga in mente: ho perso il conto degli sbadigli, è davvero dura scuotersi dal torpore di questi 100 minuti. Che dire poi degli attori? Il protagonista Jean Dujardin, una mediocre carriera alle spalle, si può considerare il Christian De Sica d'oltralpe, con quel baffettino e quel sorrisetto ipocrita risulta assolutamente insopportabile alla lunga, è talmente mediocre che non ci si immedesima nemmeno per le sue disgrazie, non scende una lacrima di commozione, anzi sì le lacrime ci sono ma per aver buttato via gli otto euro del biglietto. 

 

The ARTISTC'era una volta l'Academy che assegnava gli oscar a Humphrey Bogart, Marlon Brando, Jack Nicholson, Robert De Niro, adesso ci ritroviamo con simili nullità che infangano il nome degli illustri predecessori. C'è chi è rimasto innamorato dell'innocente cagnetto che accompagna Valentin nel film, ma forse sarà qualche amante spassionato degli animali, a me è piaciuto più il visetto simpatico della protagonista femminile, la bella: bella ho detto, non brava,  Berenice Bejo francese di origini argentine e compagna del regista. Visto che Distorsioni è soprattutto un magazine di musica parliamo anche di quella: qui niente da dire, il soundtrack è perfettamente allineato al film, in puro stile dell'epoca. Una pellicola questa che potrà piacere a nonnette e pensionati, quelli che vanno agli spettacoli pomeridiani del cinema per starsene tranquilli, mi sembra difficile che un pubblico giovane possa appassionarsi a questo pastiche insulso di una piattezza disarmante ed irritante.

 

Qualche saccentone ha parlato di richiami a Lang e Lubitsch, che ovviamente l'oscar l'hanno visto col binocolo, ecco se proprio avete voglia di vedervi un film degli anni venti ma di quelli sani, andate a recuperare quelle pellicole, loro sì che erano maestri, per non parlare poi di grandissimi quali Eisenstein, Murnau e Charlie Chaplin, ma questi abitano in The ARTISTaltre stratosfere. Si parla di quasi 80 milioni di dollari d'incassi e siamo all'inizio, l'unica parola che posso spendere pro "The Artist" è che nella sua corsa alle statuette gareggiava contro il niente, ma solo in parte questo può servirgli come attenuante. Adesso cari amici  termino questo racconto di ‘come ho vinto l'oscar’di questo film per passare alla visione di "Come vinsi la guerra" (1926) dell'immenso Buster Keaton, tanto per ricordarsi dove abita il Grande Cinema.

 

Ricardo Martillos

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