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5 Marzo 2015

Speciale Alfred Hitchcock, parte prima: 1925-1939, il periodo inglese


Quella che vi apprestate a leggere è la prima parte della pubblicazione di una lunga monografia su Alfred Hitchcock, un saggio di Gaetano Ricci che ripercorre ed analizza tutta la carriera del "maestro del brivido". La seconda e la terza parte saranno pubblicate nelle prossime due settimane. Buona lettura.

 

                     INTRODUZIONE

 

Antonio Costa ha recentemente pubblicato un interessante saggio - La mela di Cèzanne e l'accendino di Hitchcock. Il senso delle cose nei film - nel quale viene analizzato il ruolo degli oggetti che molto spesso restano nella memoria collettiva del pubblico più della storia stessa dei film; pochissimi ricordano esattamente la trama dei capolavori hitchcockiani ma tutti hanno in mente alcuni oggetti: il bicchiere di latte de Il sospetto, l’ accendino in Delitto per delitto, le forbici e le chiavi in Delitto perfetto, di nuovo le chiavi in Notorious, la tenda di una doccia e delle banconote nascoste in un giornale in Psycho o un fermacravatte in Frenzy. Il nome del regista accostato a quello di Cèzanne e i numerosi registi che dagli anni ’60 ad oggi si sono ispirati alle sue opere (Brian De Palma e Claude Chabrol su tutti), dimostrano come Alfred Hitchcock e i suoi film siano sempre attuali. Tuttavia il regista inglese non è stato sempre così apprezzato: ancora a metà degli anni Cinquanta, nella Hollywood dominata dal ruolo preminente dei produttori, Hitchcock era considerato un bravo regista di genere ma non un grande autore né tantomeno un artista. Ci vollero i critici e futuri registi dei Cahiers du cinéma, Eric Rohmer, Claude Chabrol e Francois Truffaut in primis, a riconsiderare, con delle approfondite e lucide analisi, la carriera del cineasta londinese e a consegnargli la patente di grande autore e quindi di artista a tutto tondo (fondamentali per comprendere la poetica hitchcockiana restano il saggio Hitchcock pubblicato nel 1957 da Chabrol e Rohmer e il celeberrimo libro-intervista di Truffaut Il cinema secondo Hitchcock del 1967).

 

La carriera cinematografica e la vita privata di Hitchcock furono segnati in maniera indelebile dalla rigorosa educazione cattolica impressagli dalla famiglia di origine irlandese: il senso di colpa e il perdono, il peccato e le pulsioni sessuali represse, la tormentata inevitabilità della vita di coppia e perfino una certa iconografia cristiana. Due episodi in particolare furono così determinanti nell'infanzia del piccolo Alfred da lasciare un segno duraturo: un giorno suo padre per punirlo dopo una marachella lo portò ad un commissariato di polizia e lo fece rinchiudere per cinque minuti in una cella; da quest'episodio scaturisce il suo terrore nei confronti di qualsiasi tipo di autorità spesso rintracciabile nel suo cinema. In un’altra occasione, all'età di 5 anni, fu lasciato solo in casa dai genitori, convinti che il bambino avrebbe dormito fino al loro ritorno; Alfred invece si svegliò e solo in casa rimase sconvolto dalla paura del buio e dalla solitudine, infine, come ricorderà anni più tardi lo stesso regista, asciugò “le lacrime mangiando una bistecca fredda trovata in cucina"; da qui il ruolo del cibo come rimedio alla costante solitudine della sua vita. Questi due emblematici avvenimenti infantili ci offrono una chiave di lettura della sua carriera contrassegnata da alcune tematiche narrative e visive ricorrenti: il senso di colpa col conseguente transfert di colpa (un innocente ingiustamente accusato che sente comunque il peso della congiura): paradigmatico in tal senso è l’esempio di padre Michael Logan (Montgomery Clift) in Io confesso, che a causa del segreto della confessione rimane imprigionato nel suo “transfert di colpa”; tra i tanti esempi del genere: Ivor Novello ne Il pensionante, Cary Grant in Caccia al ladro, Intrigo internazionale e Il sospetto, Henry Fonda ne Il ladro. L’ossessione per il sesso (specialmente in Intrigo Internazionale, Psycho, La donna che visse due volte, Marnie), per le vertigini e la paura del vuoto (La donna che visse due volte, Sabotatori, Blackmail-Il ricatto), il voyeurismo(L’Uomo che sapeva troppo, Psycho e La Finestra sul cortile), il tema del doppio (in Delitto per delitto e L’ombra del dubbio), la presenza costante nei suoi film del rapporto (in)compatibile uomo-donna.

 

PARTE PRIMA: IL PERIODO INGLESE, L’APPRENDISTATO SUI GENERI (1925-1939)

 

Ivor Novello è Il pensionante (1926)Da giovanissimo Hitchcock, nato e cresciuto nell’East End, iniziò a lavorare a Islington (“la città del cinema” nella Londra di allora) presso un’azienda cinematografica inglese, la Famous Players-Lakers, affiliata alla Paramount americana. Qui egli compì tutta la trafila passando dal ruolo di disegnatore delle didascalie a sceneggiatore, poi da aiuto regista a regista. Imparò tutto sulla tecnica cinematografica, dagli obiettivi delle macchine da presa, alla fotografia, dalla sceneggiatura al montaggio all’utilizzo degli effetti speciali; la sua abilità come disegnatore risulterà decisiva nei suoi celebri “Storyboard”, le inquadrature disegnate e poi rispettate quasi pedissequamente durante le riprese. Durante la sua gavetta a Islington incontrò la persona più importante della sua vita: la futura moglie e già affermata sceneggiatrice e montatrice Alma Reville che sarà per sempre la sua più fidata e ascoltata collaboratrice.

 

Nella fase di apprendistato Hitchcock fu un cinefilo imperterrito che frequentava in lungo ed in largo le sale londinesi prediligendo il cinema americano dei vari Griffith, Chaplin, Keaton, Fairbanks e Pickford, decisamente più moderno nella tecnica narrativa di quello, piuttosto scialbo, inglese; per quanto riguarda invece lo stile visivo si ispirò al sovietico Ejzenstejn per il montaggio e ai i grandi maestri tedeschi Fritz Lang e Murnau (che incontrò nel corso di un viaggio in Germania) riguardo all’uso della luce e ai movimenti di macchina. Questi registi saranno per sempre il suo modello di riferimento: “Loro hanno sempre cercato strenuamente di esprimere le idee in termini puramente visivi”. Infatti dopo due primi film sperimentali girati nel 1925, l’anno successivo realizza il suo primo grande successo (già poco dopo l’uscita nelle sale fu considerato il miglior film di sempre in Gran Bretagna) ispirandosi alle atmosfere espressioniste tedesche: The lodger-Il Pensionante (1926), un film gotico vagamente ispirato alla storia di Jack lo squartatore, ambientato nella nebbia londinese e interpretato dal divo inglese dell’epoca Ivor Novello, che interpreta un uomo ingiustamente accusato di essere un serial killer. Questa pellicola è rimasta nella storia soprattutto per il soffitto trasparente voluto dal giovane cineasta che rende l'angoscia del protagonista visibile ai padroni di casa del piano terra. The lodger è anche il primo lavoro che Hitchcock firma con i suoi celeberrimi cameo, le sue brevi apparizioni che perdureranno fino al suo ultimo film.

 

Nel 1929 gira L’isola del peccato, un melodramma impregnato di colpa, perbenismo e torbido sentimento, un triangolo amoroso ambientato nell’Isola di Man alquanto audace per il periodo. Ma il vero battesimo dell’Hitchcock’s touch avviene con Blackmail-Il ricatto (1929): Alice (Anny Ondra), che rappresenta l’embrione della “sensuale bionda hitchcockiana” (nel periodo d’oro arriveranno Grace Kelly, Kim Novak, Eve Marie-Saint, Janet Leigh e Tippi Hedren), cede alle lusinghe di un pittore gentiluomo (Cyril Ritchard), il primo psicopatico “sofisticato” (come saranno in seguito lo zio Charlie ne L’ombra del dubbio o Norman Bates in Psycho), il quale invita la ragazza nel suo atelier ma quando cerca di stuprarla Alice lo uccide; in questo caso, ovviamente, l’assassina ha dalla sua la complicità e la simpatia del pubblico. In Blackmail entra in scena anche la passione del regista per i luoghi-simbolo della storia o dell’arte: una delle ultime scene è ambientata al British Museum di Londra (in futuro avremo La statua della libertà come spettacolare epilogo de I sabotatori, il Golden Gate in La donna che visse due volte, i il Monte Rushmore in Intrigo Internazionale, il centro di Londra in Frenzy). Dopo alcune pellicole non memorabili arriva un film molto apprezzato negli Stati Uniti che sarà il trampolino di lancio dell’avventura hollywoodiana del regista londinese, L’uomo che sapeva troppo (1934) che avrà un remake nel 1956 decisamente più interessante.

 

L’anno seguente è la volta del film più importante, insieme a The Lodger, del periodo inglese: Il club dei 39 (1935), una sorta di anticipazione di Intrigo Internazionale. Tutti gli stilemi e le ossessioni del “Maestro del brivido” sono condensate in circa 90 minuti di cinema: le fughe spettacolari di un uomo ingiustamente accusato, Richard Hannay (Robert Donat), inseguito dalla polizia insieme a Pamela (Madeleine Carrol) alla quale ha trasferito la sua (non)colpa; nel film riscontriamo inoltre una scena comica esilarante all'inizio del film quando il protagonista scopre il cadavere, una scena carica di sensualità durante la notte in albergo dei due fuggiaschi ammanettati insieme quando lui cerca di togliere le calze bagnate di lei; infine lo humour sofisticato che caratterizza tutta la carriera del regista. Il “MacGuffin” ovvero il pretesto, l’espediente narrativo, che in questo film è una oscura organizzazione (appunto “il Club dei 39”) serve solo per mandare avanti la storia ma è quasi insignificante ai fini racconto visivo ideato da Hitchcock (altri esempi di “MacGuffin” sono: l’uranio di Notorious, un microfilm in Intrigo Internazionale, una formula matematica nel Sipario strappato). Tra gli ultimi lavori in Inghilterra merita una nota Giovane e innocente (1937) in quanto la pellicola contiene, secondo Rohmer e Chabrol, “La più bella carrellata in avanti di tutta la storia del cinema”, nella scena in cui i protagonisti, ovviamente accusati ingiustamente, cercano l’assassino (che ha un tic all'occhio) in una sala da ballo. Noi spettatori scopriamo l’omicida prima dei personaggi grazie alla macchina da presa che, collocata ad un’altezza di quaranta metri scende fino all’orchestra, poi inquadra il batterista, poi il suo viso, poi “la macchina cerca i suoi occhi, li trova, li isola. L’occhio destro sbatte la palpebra”. Le sirene hollywoodiane ormai sono irrespingibili e dopo aver girato l’ultimo film a Londra, il non irresistibile La taverna della Giamaica (1939), il nostro parte insieme alla moglie Alma e alla figlia Patricia alla volta degli Stati Uniti d’America dove lo attende il grande produttore David O’Selznick.  

Gaetano Ricci

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